☆ recensioni del donkey challenge: le ciccionate nei migliori ristoranti di cagliari e della sardegna ☆ powered by seudeu.com ☆
apr 6 2014

Ristorante Villa di Chiesa – Iglesias

 Scritto da Jesus | | Commenta

Villa di Chiesa - Ingresso

Villa di Chiesa – Ingresso

 

Se dresse l’église, de la terre pour regarder le ciel, et son clocher est le bras de celui qui cherche de sortir de l’eau pour respirer.
Si innalza la chiesa dal terreno a cercare il cielo, e il suo campanile è la mano di colui che cerca di uscire dall’acqua per ritrovare il respiro.
Servono un campanile,  una locanda e un municipio per far nascere una città; bastano una preghiera, un bicchiere di vino e una bugia per creare una comunità.
E tutto questo qualunque sia il cielo sotto le stelle o il terreno sotto i propri piedi.
Ora narreremo a voi di una città e di mille chiese, di una piazza e un ristorante, di una cucina e di tre burricchi, che il loro vagare ha portato proprio qui: a Villa di Chiesa.
Tra le viuzze del centro storico, tra gli sguardi sbigottiti e sospetti dei passanti («ma chinic. funti custus»)  gli asinini viandanti recuperano le loro idee, si confondono con l’architettura locale, ammirano i colori dell’arredo urbano, fino a convergere, infine, alla piazza del Municipio e lì prendere confidenza con questa nuova avventura…
 

Villa di Chiesa - Interno

Villa di Chiesa – Interno

 

E’ inaspettatamente piacente il centro storico di Iglesias, a dispetto della discutibile architettura che lo circonda. Stradine e edifici di origine medievale che si sposano con costruzioni di inizio ‘900, nella sintesi armoniosa di colore ed eleganza tipiche di più blasonate città europee, dimostrandosi ricca di fascino e di storia antica. Marrocu: «da questo scorcio sembra di essere a Parigi». Raschione: «Come a Quartucciu…».
L’intermezzo turistico si è reso necessario per un eccesso di prudenza logistica, da parte del Raschione, che ha organizzato la partenza da Cagliari un’ora e mezzo prima del prenzo. Tempo impiegato per raggiungere l’antica città delle chiese: 25 minuti, con la teutonica vettura dell’Ing.Marrocu.
 

Villa di Chiesa - Carosello di mare I

Villa di Chiesa – Carosello di mare I

 

Dopo il ludico urbano vagabondaggio, appena i morsi della fame davano le prime avvisaglie, i burricchi varcavano la soglia del ristorante “Villa di Chiesa”, subito confrontandosi, al suo interno, con quello che, in tutta evidenza, appariva un conviviale quanto chiassoso bagordo celebrativo, tanto che venivano ratto scortati oltre la prima luminosa sala e condotti, superato un breve dislivello, in un secondo ambiente sul fondo, privo di illuminazione naturale e improntato su linee d’arredamento sussumibili allo stile degli anni ’80. Pareti color crema, interrotte nella loro continuità da piccole arcate ribassate, circoscrivono mobilia e suppellettili dalle ricorrenti tonalità verdi e nere. Una timida fontana senz’acqua non riesce a conquistare appieno lo spazio, mentre dobbiamo denunciare un certo grado di trascuratezza nei dettagli, quali un fastidioso eccesso di antiestetiche prese e scatole elettriche alle pareti, alcune delle quali dozzinalmente scoperte, con tanto di cavi “a vista”. Appena di pochi euro sarebbe il costo per accomodare il tutto: perché non farlo?
 

Villa di Chiesa - Carosello di mare II

Villa di Chiesa – Carosello di mare II

 

Veniamo accolti e assistiti da un distinto ma informale maître, dalle fattezze molto simili al cantante Gatto Panceri, che si scontrerà con l’irrequietezza e la poca propensione di Jesus nell’accogliere i suggerimenti altrui: «vedo che lei non segue i miei suggerimenti!»
Difficile l’accoglimento totale delle nostre richieste, per effetto di alcune pietanze del menù non disponibili, e in particolar modo è stato difficile per il maître esaudire richieste dell’Ing. Marrocu, che si concedeva minuti aggiuntivi per scegliere, come sua abitudine, bottiglie di vino poi rivelatesi non presenti in cantina. Alla fine, ripiegherà su un pur ottimo DOC “Parallelo 41″, torbato/sauvignon del 2012, cantine Sella&Mosca di Alghero.
Il pranzo si è sviluppato piuttosto lentamente, forse per effetto della libagione nella sala principale, mentre dobbiamo dire che il servizio (tenuto da altri due camerieri), seppur complessivamente sufficiente, ha avuto isolati momenti di smarrimento, come ad esempio nello spiacevole oblio dei nostri moscati, ordinati per accompagnare i dolci e mai arrivati.
 

Villa di Chiesa - Raviolini di cernia scampi

Villa di Chiesa – Raviolini di cernia scampi

 

Tutto il processo di selezione e di attesa degli antipasti è stato condito dal frenetico tentativo del Raschione di inserire la lunghissima quanto improponibile chiave wifi del locale (poi rivelatasi inefficace, in virtù di un verosimile blocco MAC), fornita dal cameriere, tra i continui e molesti solleciti dei suoi commensali, che l’hanno tediato fino a farlo sbottare con giustificati insulti e con un autolesionistico moto di astensione dal vino (non rimasto imbevuto)!
L’attesa degli antipasti è stata comunque ripagata in virtù della qualità dei piatti a noi presentati. Non scontati, mediamente abbastanza curati nella presentazione ma, soprattutto, ricercati dal punto di vista dell’equilibrio dei sapori: un continuo gioco tra note dolciastre e componenti amare che in certi frangenti ci ha conquistato.
 

Villa di Chiesa - Tagliatelle nero di seppia

Tagliatelle nero di seppia

Villa di Chiesa - Spaghetti di paranza

Spaghetti di paranza

 

Il “carosello di mare”, ordinato in termini di due porzioni, era composto da otto differenti portate: vaschetta con gambero scottato (sarebbe stato meglio servirla un po’ più calda) su crema di ceci, impreziosita da rami di finocchio; salmone marinato all’arancia e verdure; insalata di tonno (questo dall’aspetto discutibile, da tonno in scatola!), rucola, cipolle pomodorino e scorza di limone; bocconcini di muggine con cipolla fritti su letto di verdure; cozze con purea di arancia e verdure; quadrati di polenta al nero di seppia con muggine scottato e carpaccio di zucchine e pomodori; seppie in umido con piselli, accompagnate da crostini di pane fritti; insalata di polpo con radicchio e aceto balsamico.
 

Villa di Chiesa - Calamari arrosto

Villa di Chiesa – Calamari arrosto

 

Anche i primi piatti si riveleranno piuttosto goderecci; seguivano la linea del gioco di sapori individuata negli antipasti: accattivanti raviolini di cernia con scampi, pomodorini e cipollotto fresco per l’Ingegner Marrocu; tagliatelle al nero di seppia in crema di patate, cappone e bottarga, impreziosita da scorze di limone per il Raschione Ettore; spaghetti di paranza con calamaretto fresco e panure al limone, con spolverata di bottarga (forse sarebbe stato meglio spolverarla meno, anche se il gusto non appariva comunque eccessivamente invasivo) per Jesus.
Il secondo era anch’esso inevitabile, porzionato per due: ottimi calamari arrosto (cottura perfetta) con pomodorini e decoro di mirto e finocchietto.
 

Villa di Chiesa - Bis di fritti

Villa di Chiesa – Bis di fritti

 

Notevole il dessert del Raschione e dell’Ing.Marrocu che, a differenza di un dismesso Jesus, che si accontentava di un semplice sorbetto al limone, sceglievano di concludere il pranzo con un sontuoso “bis di fritti”: raviolini alla crema, seadas al miele di acacia, salame di cioccolato e nocciole, fragole e vaschetta di crema pasticcera con pezzi di cioccolato. Superbe!
L’esperienza terminava con tre caffè, un rum “Ron Zacapa XO” per Marrocu, e un Mathusalem per il Raschione; accattivante il bicchiere con cui è stato servito, difettante invero di opportuno riscaldamento e accompagnamento ghiacciato. Costo complessivo, 51 euro cadauno, da ritenersi in eccesso di un 15-20% rispetto al giusto dovuto.

 
Con qualche difetto di ambientazione e di servizio, il “Villa di Chiesa” si distingue comunque per una cucina ricercata e apprezzabile, dal punto di vista dell’equilibrio dei sapori e della ricerca del gusto.
Vale inoltre la pena pensare di andarci per visitare il centro storico della bella Iglesias, la città del Màestro Jack! Tre burricchi pieni.

 

VALUTAZIONE “Villa di Chiesa”: Tre Burricchi.
Ristorante Villa di Chiesa Indirizzo: Piazza Municipio 9, Iglesias
Telefono: 078131641 [mostra in google maps]

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dic 10 2013

Ristorante winebar Grekà – Terralba

 Scritto da Ing. Marrocu | 1 commento | Commenta

Grekà - Interno

Grekà – Interno

 

“Sembrate mangiando caviale… invece è fico d’india”
 
Ma io mi domando se si può permettere ad elementi privi di qualunque nozione gastronomica di esprimere settimanalmente il loro volgare giudizio sfruttando piattaforme tecnologicamente avanzate ed il web intero, per giunta con un dominio .COM!! Personaggi incapaci di distinguere il pregiato caviale dalla ruvida polpa del fico d’india, al punto di attribuire ben tre burricchi a rinomate bettole del capoluogo, sedicenti  “ingegneri elettronici” privi delle nozioni basilari di Calcolo Numerico.

 

Grekà - Antipasti

Grekà – Antipasti

 

Se solo il Ministero della Verità indagasse su questi loschi elementi, scoperchierebbe un giro nebuloso di frodi fiscali, mazzette e quant’altro che muove  questi tre fantocci prezzolati, veri burattini di prestigiosi e facoltosi Signori, che li manovrano qua e là, facendo loro credere di essere dei rispettabili recensori. In realtà tutto è finalizzato ad influenzare le scelte del pubblico, pilotando dei veri e propri tsunami di presenze o, al contrario, delle carestie terribili, per scongiurare le quali, i poveri gestori sono disposti ad offrire gratuitamente i pasti a questi signorotti arroganti, che per mascherare il loro basso lignaggio si spacciano per dottori.

 

Grekà - Straccetti ai ricci di mare

Grekà – Straccetti ai ricci di mare

 

Il resto del “pizzo” viene elargito sotto forma di derrate alimentari, festini gratuiti oppure…in contanti. Il malcapitato di questa settimana è il ristorante Grekà di Terralba, apprezzatissimo sul web dai frequentatori di siti e newsgroup trasparenti, liberi da qualunque forma di manipolazione, stortura, remunerazioni, vantaggi. Cosa potranno dire i sedicenti recensori che, all’arrivo in loco, stavano perfino sbagliando ristorante, ed erano già in prossimità dell’uscio di un esercizio adiacente al targhet quando solo la caparbietà e l’ostinazione di Ettore hanno evitato la rovina per un povero ristoratore che non era (ancora) nel mirino del clan…

 

Grekà - Linguine al nero di seppia

Grekà – Linguine al nero di seppia

 

Il Grekà si presenta dall’esterno con una elegante vetrata ma con l’ingresso defilato e, invero, non immediatamente identificabile; lo spazio da essa racchiuso comprende il guardaroba ed una dozzina di coperti. Varcato l’uscio vero e proprio del locale, si osserva subito un ambiente elegante ma non sfarzoso, con alternanza di diversi materiali e colori rilassanti. Le sedute sono tutte in pelle nera, le pareti bianche e tutta una serie di arredi, quali un bancone che separa la sala dalla cucina, porte di servizio ed espositori per bottiglie, è realizzata evidentemente su misura, in legno, immaginiamo in rovere tinto color miele.

 

Grekà - Picana di angus argentino

Grekà – Picana di angus argentino

 

Il menù offre, oltre al menù tradizionale dello chef, una selezione a forte carattere stagionale, basata sui ricci di mare, che catturerà l’attenzione dei recensori. Si comincia con crostini di pane di semola grigliati con polpa di ricci a crudo, servita, questa, in una ciotola di vetro trasparente che ne evidenzia la freschezza e con tre cucchiaini a disposizione: chi più ne vuole, più ne prenda! Crostone con lardo rosa di Pozzomaggiore e ricci: un eccellente connubio tra ingredienti di mare e di terra; casizolu del Montiferru arrosto su letto di carasau con miele di Sulla: una delizia per il palato carpaccio di bue rosso di Seneghe su letto di carasau con rucola e grana: delicatissimo. Inutile sottolineare che la scelta degli ingredienti sposa la ferrea filosofia del Km zero. Tutto davvero freschissimo e molto buono con una punta di eccellenza, a mio avviso, per su casizolu arrosto.

 

Grekà - Fichi d'India alla griglia

Grekà – Fichi d’India alla griglia

 

La scelta del vino, anch’essa foraggiata dal clan, è ricaduta su un superbo DOC Parallelo 41 2012 di Sella e Mosca – Alghero che ha accompagnato anche i primi piatti così composti e suddivisi: linguine caserecce al nero di seppia per Dott. Frau (Jesus) e straccetti di pasta fresca ai ricci di mare per Ettore e chi vi scrive. Sicuramente piatti di ottimo livello. Chiesto il menù per ordinare il secondo piatto, all’unanimità Frau e Marrocu deliberano, ignorando il parere del Raschione: picanha di angus argentino (il che vanifica tutto il Km zero, arrivando a quota 10000 Km), cotto allo spiedo con sale grosso e patata cotta sotto la cenere, accompagnato da un DOC Carignano del Sulcis Vecchie Vigne 2009 di 6Mura – Giba.

 

Grekà - Mousse al torrone

Grekà – Mousse al torrone

 

E si arriva così ai dolci, con mousse al torrone e pistacchi per Marrocu e fico d’india grigliato con miele e gelato al fico per gli altri commensali, ormai frastornati dall’ulteriore ingestione di alcool, sotto forma di Nasco Latinia di Santadi. L’esperienza volge così al termine non senza avere scroccato pure un caffè a testa, offerto cordialmente dalla casa, e ordinato ulteriori ottimi digestivi quali Grappa barricata per Jesus e Rum Cubaney Tesoro Gran Riserva 25 anni XO, servito con bicchiere riscaldato e relativa acqua con ghiaccio  per Ettore, che lo ha bevuto come fosse un Gatorade alla fine della maratona di New York, e per Marrocu che lo ha gustato con più classe.

 

Grekà - Formaggi assortiti del territorio

Grekà – Formaggi assortiti del territorio

 

Conto totale (ovviamente non corrisposto ma regolarmente fatturato per non insospettire il Ministero della Verità) è di € 67 cadauno, forse un pizzico sovrastimato per ingraziarsi gli uomini del clan e ridurre il debito, ma il clan conosce bene il reale valore della merce e non si lascia sedurre da scontrini con cifre altisonanti: ciò ha portato nel finale ad un inasprimento dei toni, con esplicite minacce verbali e qualche assaggio di contatto fisico (schiaffoni) che hanno indotto il gestore a valutare un prossimo trasloco del ristorante in luoghi più sicuri (verosimilmente il capoluogo sardo) in modo tale da poter interloquire direttamente coi Signori piuttosto che col tramite dei rozzi emissari che hanno peraltro lamentato il disagio della trasferta a bordo della vetusta Yaris TDI 110 di Ettore. Quattro somari.
 


VALUTAZIONE “Grekà”: Quattro Burricchi.
Ristorante Grekà Indirizzo: Via Marceddì 195 , Terralba
Telefono: 078381761    [mostra in google maps]
 

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set 14 2013

Ristorante Punjabi – Cagliari

 Scritto da Jesus | 3 commenti | Commenta

Punjabi - Interno

Punjabi – Interno, Ing.Marrocu

 

Ravi, Chenab, Jhelum, Sutlej, Beas.
Posso solo pensarvi e per questo ancora non esistete. Posso navigarvi con la mente, e la mia mente già sa dove andare. Posso sentirvi stringere la vostra terra, ma la vostra terra non sa che io sono, né sa che esiste il Raschione Ettore, né ha mai sentito scorrere le lodi dell’Ing.Marrocu.
La Terra dei cinque fiumi, il suo popolo ed il suo idioma. Il Darśana, lo scorrere verso il grande Padre. Giunti al grande Padre, lì rifletteremo, lì ci purificheremo, lì daremo fuoco alla nostra carne inanimata, finché non riusciremo a trovare la risposta che andiamo cercando: perché siamo qui oggi, al Ristorante “Punjabi”?
 

Punjabi - Samosa

Punjabi – Samosa

 

Ebbene quest’ultimo impegnativo quesito, come la più estesa interrogazione sul fatto che ultimamente ci si stia spesso dedicando alla cucina etnica, non interessa il dominio della trascendenza, non oltrepassa i confini della epistemologia asinina o di una nuova ipotetica ricerca del nostro Karma. Ad onor del vero, ci hanno provato i Beatles un po’ di tempo or sono a ritrovare loro stessi per ristoranti indiani, e il risultato è stato piuttosto deludente: opere minori quali here comes the sunlet it be. A volte essere in quattro anziché tre non aiuta, e anche per questa ragione siamo qui oggi a parlarvi del “Punjabi”: perché Jesus non ha voglia di spostarsi e perché i ristoranti di cucina sarda a Cagliari li abbiamo (quasi) visitati tutti. Cosa mai ci inventeremo la prossima settimana?
 

Punjabi - Mix pakora

Punjabi – Mix pakora

 

Venerdì sera. Il protratto e tragicomico andirivieni del Raschione Ettore lungo la Via Pergolesi, alla ricerca – a piedi – della giusta traversa da imboccare, con Jesus che ininterrottamente insultava alle sue calcagna, e l’Ingegner Marrocu che, già pervenuto al locale, estendeva il turpiloquio via Twitter, è la prima pagina di questo nuovo anomalo Romanzo in seno al tomo del Donkey Challenge, che ha previsto per i Burricchi, in formazione tipo e in veste ufficiale, il testare i pregi e difetti della cucina indiana al ristorante “Punjabi”, sito nella centrale e poco parking friendly (150cv “a casinu“) Via Rossini, in Cagliari. Con cinque minuti di ritardo raggiunto lo spazientito Ingegnere, l’avventura poteva avere inizio.
 

Punjabi - Pulao

Punjabi – Pulao

 

Il Ristorante Punjabi, al suo interno, cerca di ricomporre sobriamente, almeno in ordine alla nostra percezione culturale, i colori e le atmosfere delle abitazioni del Punjab, la macro regione indo-asiatica che interessa i territori a cavallo tra India e Pakistan. La sala principale è quindi dominata, nelle pareti, nelle decorazioni e nei tendaggi, dalle tonalità del verde, del rosso e dell’arancio. In questo contesto stona visibilmente il proiettore della parete Sud-Ovest che, dirimpetto al bancone del bar, viene deputato alla proiezione di videoclip e soap opera bollywoodiane. Tra l’altro, lo stesso video proiettore è stato installato troppo a ridosso dello schermo, tanto da rendere impossibile una visione nitida delle immagini, al punto da cagionare l’auto-candidatura di Jesus per risolvere il problema: «qui ci sono due (!) ingegneri, vuole che non riusciamo a sistemarlo?». Per la cronaca, operazione fallita!
 

Punjabi - Subzi biryani

Punjabi – Subzi biryani

Punjabi - Bombay biryani

Punjabi – Bombay biryani

 

L’esperienza e il rapporto con il servizio del Punjabi non parte nel migliore dei modi. Il gentile titolare ci accompagna al nostro tavolo, in fondo alla sala, ma Jesus nota una piccola macchia di sporco sulla tovaglia e chiede di potersi alloggiare altrove. L’ “altrove” impatta invece, in traiettoria, con il flusso d’aria del condizionatore, per cui l’Ing.Marrocu reclama una terza soluzione. L’ultimo accomodo è per nostra fortuna gradevolmente apprezzato dall’ingegnere, anche perché veniamo sistemati proprio di fronte all’apertura che dà sulla cucina, e questo ci permette di intravedere i fuochi e gli chef al lavoro sul caratteristico forno tandoori in versione industriale.
 

Punjabi - Prawn narial

Punjabi – Prawn narial

 

L’interazione con i clienti è affidata al titolare indiano, a sua moglie (sarda) e a un terzo cameriere oriundo. Diciamo subito che sotto l’aspetto del servizio in generale, dobbiamo registrare note contrastanti. Da un lato sono efficaci i tempi della cucina, la disponibilità, l’empatia verso il cliente e le gestualità (vino mesciuto correttamente), mentre d’altro canto andrebbero registrati alcuni aspetti, tra i quali il mancato cambio sistematico delle posate. Buona la fornitura della cantina, dalla quale chiediamo di attingere un ottimo carignano del Sulcis DOC “Rocca Rubia”, della Cantina Santadi. La cernita di un rosso è determinata dal primo di carne comandato dal Marrocu. Per contro, la restante totalità delle pietanze era a base di pesce o verdure!  Proseguendo nella comanda, mentre per i primi, individuati nella categoria “Riso”, non abbiamo problemi, con qualche ovvia difficoltà scegliamo gli antipasti; il salomonico titolare ci viene però in soccorso: «vi faccio due mix pakora, che ce li ha (quasi) tutti»!
 

Punjabi - Mahi tikka

Punjabi – Mahi tikka

 

Il “pakora” è stato invero preceduto dai tipici e gustosi samosa indiani alle verdure, delle specie di saccottini fritti triangolari, molto gustosi. Il mix era invece composto da una serie  di verdure e frutti di mare ben pastellati, tra i quali individuiamo facilmente gamberoni fritti, cipolla e, verosimilmente, bocconcini di pollo marinati. Il tutto era accompagnato da ottime e soffici focacce all’aglio e alle patate cotte in tandoori e da un tris di salse caratteristiche: salsa agrodolce, salsa allo yogurt, zenzero e menta, salsa con yogurt (zenzero) e peperoncino verde fresco. Incuriosito dalla piccantezza di quest’ultima salsa, l’Ing.Marrocu chiedeva numi alla moglie del titolare, finanche pregando che gli venissero proposti i peperoncini al tavolo. In considerazione della celeberrima barrosaggine di Jesus e dell’Ingegnere («un mio amico li coltiva più piccanti»), non vi stupirà apprendere come la cosa sia poi degenerata in una sfida all’ultimo assaggio, con tanto di «non lo mangiare è piccantissimo!» seguito, successivamente, da un: «siete gli unici cagliaritani che mangiano peperoncino, respect!». In realtà segnaliamo che il Marrocu ha raggiunto in volto cento tonalità del piombo fuso, mentre Jesus ha lacrimato ininterrottamente per la successiva ora e mezza: 1.000.000 di gradi nella scala di Scoville!
 

Punjabi - Gamberoni

Punjabi – Gamberoni

 

Dopo essersi ripresi dallo shock termico (Il Raschione non ha accettato la sfida, a voi giudicare se per codarderia o intelligenza) i Donkeys potevano dedicarsi al primo. Tre piatti di riso, scelti da ognuno dei burricchi in singolo peso, e condivisi. Jesus, non amando le spezie, comanda un “Subzi biryani”, riso basmati con misto di verdure fresche speziate, declinate in melanzane, fagiolini e peperoni. Il riso scelto dall’ingegnere, “Bombay biryani”, era praticamente identico a quello di Jesus, con l’ulteriore aggiunta di bocconcini d’agnello, mentre il Raschione ha optato per un buonissimo “Pulao”, con verdure stufate e frutta fresca: zucchine, fagiolini peperoni, pesca e melone!
 

Punjabi - Mousse al mango

Punjabi – Mousse al mango

 

Non paghi e non sazi, come loro abitudine, il triumvirato virava verso dei secondi di pesce: “Mahi tikka” per Jesus (leggerissimi “bocconcini di pesce spada, cotti in tandoor, marinati nello yogurt ed erbe delicate”), “Prawn narial” per il Raschione (gamberi con cocco e strana salsa di pomodoro, accompagnati da riso basmati), gamberoni “giganti” marinati con ajwaini e poi arrostiti per l’Ing.Marrocu. L’intenso sapore di questi ultimi ha fatto trasalire l’ingegnere («dovevo venire al ristorante indiano, per assaggiare i gamberoni meglio arrostiti di Cagliari!») tanto da richiedere nuovamente l’interlocuzione del titolare, scoprire che in realtà si trattava di gamberi congelati freschi, e imbastire una nuova lunghissima discussione su surgelamento, congelamento, ammoniaca, pescherecci di Mazara del Vallo, circo Orfei, storie d’amore a lieto fine: «l’avete provocato e adesso non si ferma più!»
Conclusi anche i secondi passiamo ai dessert. La scelta era univoca perché: «tutti gli altri dolci indiani che offrivamo non piacevano». Nonostante questo disadattamento culturale, tipico limite nostrano sardo – come confermerà l’Ing.Marrocu ferendo a bottigliate il primo passante per strada -, la mousse al mango propostaci era veramente ottima. Stranissimo il sapore delle perline di zenzero, cardamomo, liquirizia, e non so che altro, serviteci in ultimo come tradizionale elemento di fine pasto indiano («servono per pulire la bocca»). Tra il gusto di smarties e quello del sapone di marsiglia la percezione che un sardo medio potrebbe avere. La cena si concludeva quindi con due caffè, una grappa al cardamomo («leggerissima») per Marrocu, e un eccellente rum indiano per il Raschione. Costo complessivo 45€ cada-burriccu, da ritenersi, per quanto ne capiamo di cucina (indiana), un 10% eccessivo rispetto al giusto dovuto.

 

Il “Punjabi” è senza dubbio un buon locale, con una eccellente e genuina proposta di pietanze etniche, comunque modulate e apprezzabili dal variopinto e composito pubblico degli avventori cagliaritani. Bella e rilassante l’ambientazione, anche se il maxi schermo sarebbe meglio rimanesse spento. Ottima la cucina, in buona parte merito del forno tandoori, mentre qualche appunto lo dobbiamo muovere al servizio. In definitiva, complessivamente, il nostro giudizio finale è di tre burricchi, meno meno. Comunque bravi.

 

VALUTAZIONE “Punjabi”: Tre Burricchi.
Ristorante Punjabi Indirizzo: Via Rossini 65, Cagliari
Telefono: 0703110887 [mostra in google maps]

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apr 22 2012

Ristorante Sa Ferula – Cagliari

 Scritto da Jesus | 3 commenti | Commenta

Sa Ferula - Ingresso

Sa Ferula – Ingresso, pianta di ferula

 
Basta con il decoro, diamo spazio alla follia e alle mutevoli condizioni del cielo, che nell’apparente disordine del caos, si manifesta con infiniti ed impercettibili arzigogoli dell’acqua e in fugaci riverberi della luce, tratteggiati e spenti, nel medesimo istante, dall’immutabilità dello sguardo e dall’irrequieto trascinarsi di allegorie della memoria, nel pulsante sottometterci del tempo.
Con il sangue e con la fatica di chi è senza senno, di chi, senza voce, cerca di urlare il fatale stringersi di una morsa che l’opprime, compiamo un ulteriore atto di coraggio, dando udienza al fuoco che ciascuno sente straziare dentro di sé, in difetto del vento che lo scateni incendio.
 

Sa Ferula - Interno

Sa Ferula – Interno

 

Da qui possiamo partire, dall’opprimente pesantezza del firmamento, dal precipitar della luce nel Regno della notte, dall’arrogante respirare dell’Universo, che nel nostro frenetico sollevarci e ricadere, ha il gusto e il sapore delle promesse non mantenute. skn!
Appare invece paziente e temperante, il quieto vivere di una pianta di ferula sul terreno.
Dal suo incerto e disordinato generarsi, mai essa si ribella all’armonia della Natura, mai si propone di sfidarla, ma lentamente cresce dal basso fusto verso l’alto infinito, alternando la pratica dell’orgoglio, alla mansuetudine di benevoli palmi di mano e braccia aperte, con le quali il suo cielo sembra voler sostenere e accarezzare.
Il pistolotto introduttivo di oggi, può qui terminare.
 

Sa Ferula - Crema di favette

Sa Ferula – Crema di favette

 

Il mansueto profilo di una ferula non ancora in fiore, accoglieva, la tarda mattinata di Sabato, i Triumviri ufficiali Jesus e Raschione Ettore, davanti l’ingresso del ristorante che porta il suo nome: “Sa Ferula”, nella non centralissima Via del Fangario, in Cagliari; orfani, una volta di più, dell’uccel di bosco Ing.Marrocu. Lo stralunato Ingegnere, negava la sua non indispensabile presenza all’ebdomadario rituale, adducendo improrogabili impegni di lavoro (più verosimilmente, per differenti “uccelli” suoi), salvo poi mutare tardivamente intenzione proponendosi – a ciccionata ormai consumata – come gran ciambellano di una improbabile cena: per lui, nuovo severo ammonimento!
 

Sa Ferula - Tagliere di terra

Sa Ferula – Tagliere di terra

 

Il ristorante “Sa Ferula”, è alloggiato in un locale di recente ristrutturazione, affacciato nella non prestigiosissima Via del Fangario.
Al suo interno, lo stile è piuttosto semplice e discreto, senza particolare pretese di eleganza e raffinatezza, ma con un’impronta di certo accogliente e gradevole. Superato il bancone del bar, ci si immette nell’unica non amplissima sala, confinata da pareti di color arancio e giallo paglierino; sobri decori in pietra, piccoli suppellettili e alcuni poster di stampo naturalistico/ambientale completano l’arredamento. Il soffitto, dapprima disegnato e modellato in chiave moderna, diviene poi una tavola regolare, occasionalmente interrotta da suggestive feritoie squadrate, che assumono il ruolo di pratici lucernari. In fondo alla sala si può scorge l’ingresso – sempre aperto – della cucina, dal quale si possono ammirare la frenetiche attività dello chef Giulio Atzeni, forse poco conosciuto ai più ma che, vedremo, si dimostrerà di indubbio valore.
 

Sa Ferula - Favette saltate con pancetta

Favette saltate

Sa Ferula - Tortino di melanzane

Tortino di melanzane

 

Dopo aver discusso con il gestore/cameriere, su questioni inerenti la real politique nell’ambito della ristorazione, ci viene proposto un menù con base prevalente di terra, per la contingenze assenza di alcuni ingredienti di mare. Di buon grado accettiamo, provvedendo ad allineare in tali termini la cernita del vino: carignano del Sulcis DOC “Rocca Rubia” del 2008.
 

Sa Ferula - Fritturina con peperoni

Sa Ferula – Fritturina con peperoni

 

Il servizio è, senza incertezze, rapido puntuale e propositivo. Correttamente verificate le possibili intolleranze alimentari dei due burricchi avventori, la cucina esordiva con la proposta degli antipasti, la cui prima portata si svelava come una squisitezza unica: crema di fave con pecorino, noce moscata, menta, olio d’oliva e crostini di pane. Buonissima!
A seguire, veniva presentato un ottimo tagliere di salumi e formaggi nostrani: prosciutto crudo, pancetta, salsiccia, ricotta secca, pecorino semistagionato, corredati da un non comune accompagnamento di delicato patè di fegato, gustato unicamente da Jesus, a seguito di un istintuale disamore, da parte del Raschione, per l’inusuale prelibatezza.
 

Sa Ferula - Macarrones de busa

Sa Ferula – Macarrones de busa

Sa Ferula - Zappuleddus bottarga pecorino

Sa Ferula – Zappuleddus bottarga pecorino

 

Gli antipasti, proseguivano poi con l’unico piatto che ha fatto storcere il naso ai due esigenti burricchi: favette saltate con pancetta, il cui gusto finale, seppur abbastanza gradevole, non appariva particolarmente acceso, probabilmente per un deficit di qualità del legume.
Prontamente segnalato il problema allo chef, questi reagiva con orgoglio, dapprima preparando dei superbi tortini alle melanzane, con pecorino e pomodori su base di pane carasau, per poi sorprenderci con una strepitosa frittura di calamari.
Il prelibato frutto di mare, era impreziosito da un impalpabile quanto delizioso sughetto ai peperoni, e ricomposto con scenografico allestimento per riprodurre, con le strisce del peperone, i tentacoli del calamaro stesso. Spettacolo!
 

Sa Ferula - Agnello in crema di limone

Sa Ferula – Agnello in crema di limone

 

Eccellenti anche i due comandati assaggi di primo: iper-promossi (dal cameriere, a ragione) macarrones de busa al sugo di guanciale e porcini, squisiti zappuleddus (straccetti) con bottarga e pecorino.
Molto delicato e ben dosato il gusto dei macarrones, ben più corposo e impegnativo il condimento degli straccetti, che avrebbero messo termine a qualsiasi ulteriore velleità alimentare, da parte di ciascun normodotato avventore.
Ma i navigati Triumviri, nonostante l’opulenza del pasto, si facevano nuovamente sedurre dalle proposte del cameriere, per l’assaggio di un’ulteriore pietanza: agnello in crema di limone, approntato a mo’ di tortino, con decoro di pomodoro e foglie di menta. Molto buono, anche se Jesus (che tra l’altro, poco ci capisce di cucina) avrebbe optato per un amalgama leggermente meno denso, nella preparazione della crema.
 

Sa Ferula - Sebada al miele

Sa Ferula – Sebada al miele

Sa Ferula - Raviolini al miele

Raviolini al miele

 

Spazio rimaneva ormai, solo per un piccolo assaggio di dolci. Il ristorante offre una scelta assai limitata in questo senso ma, come per le portate precedenti, nello specifico, di ottimo livello: eccellente sebada al miele con decoro di scorze di limone per il Raschione, piccolo assaggio di raviolini fritti con ripieno di ricotta e condimento di miele per Jesus: sublimi! Il tutto veniva accompagnato da un buonissimo moscato di produzione Quartese. Costo complessivo del pranzo, 40€ cadauno, di certo inferiore al giusto dovuto per qualità e servizio offerti – anche in considerazione del vino consumato – e integrati da una cospicua mancia.
In tutta sincerità voglio confessare che, conosciuta la destinazione di quest’ultima ciccionata, ben poco mi aspettavo da un ristorante collocato in un quartiere più conosciuto per i piaceri della carne, piuttosto che per i peccati di gola. In realtà la cucina de “Sa Ferula” si è rilevata di indubbio valore, e per certi versi originale e raffinata. Anche il servizio è stato ineccepibile, amichevole e puntuale. Assolutamente da provare!

 

VALUTAZIONE “Sa Ferula”: Tre Burricchi con menzione speciale.
Ristorante Sa Ferula Indirizzo: Via del Fangario 17, Cagliari
Telefono: 3396042275    [mostra in google maps]

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feb 12 2012

Ristorante La Pineta due – Cagliari

 Scritto da Jesus | 3 commenti | Commenta

La Pineta 2 - Ingresso

La Pineta 2 – Ingresso

 


Giù per le colline da cui si scorge l’irrequieta maestà del Mediterraneo, orgogliosi gli ulivi si ribellano al freddo maestrale, ricordando nel gelo la promessa d’attendere una nuova Estate, che presto arriverà.
Su per le valli del Nord, gli alti pioppi sollevano i piedi e con affanno scalano il cielo, impazienti di riconquistare un limpido e vitale respiro.
Si piegano e arrendono gli abeti sui monti, fanno di sé teatranti, si vestono di neve e di ghiaccio e vendono loro stessi al fastoso spettacolo dell’Inverno, nello smisurato palcoscenico della natura.
 

La Pineta 2 - Interno

La Pineta 2 – Interno

 

Ma dove infine la vita prende il sopravvento, dove ci si sente vezzeggiati dall’odore della salsedine e persuasi dal rumore del mare, dove l’ombra diviene cappello e rigenera il senno, nel delirio del sole cocente, è lì che quest’oggi i Burricchi del Donkey Challenge cercano sollievo e rifugio.
Arrivano Jesus e il Raschione Ettore alle ore tredici di Sabato mattina, nella Via Bacaredda in Cagliari. Appuntamento con l’Ing.Marrocu di fronte allo storico ristorante “La Pineta due”.
Marrocu ovviamente non c’è, non si vede, è uccel di bosco (uno dei due termini è inappropriato); l’impaziente Raschione sollecita telefonicamente, ottenendo una nuova inattesa, quanto irragionevole replica:  «Vi sto aspettando da un quarto d’ora!»
 

La Pineta 2 - Antipasti di Mare

La Pineta 2 – Antipasti di Mare

 

Allontanato lo sguardo sul lato opposto della strada, gli assennati Triumviri riuscivano quindi ad intravedere una figura infagottata e circospetta, intenta a fotografare chissacché nella vetrina di un negozio d’arredamento.
Lentamente, con camminata austera, la sagoma si avvicinava a loro e, nel mistico riverbero del sole alle sue spalle, manifestava progressivamente la sua reale natura. Jesus sentenziava: «Potrebbe essere l’omino michelin, un personaggio di South Park, oppure è l’Ing.Marrocu imbacuccato all’inverosimile!».
La terza ipotesi era invero corretta; una nuova incredibile ciccionata, poteva quindi avere inizio.
 

La Pineta 2 - Lasagnetta ai gamberi rossi

La Pineta 2 – Lasagnetta ai gamberi rossi

 

La Pineta due è, come sopra accennato, uno degli storici e più rinomati ristoranti del capoluogo sardo, in auge nella città sin dalla fine degli anni ’70, inizio degli ’80.
Il conflitto di interessi che legava la vecchia gestione al Raschione Ettore, è stato di recente sanato con il pensionamento del personale, la vendita del locale e quindi il cambio di proprietà. Venuta a cadere la necessità del blind trust, i Triumviri decidevano quindi di  dedicare alla “pineta” le loro attenzioni, per anticipare un eventuale stravolgimento di ambientazione e menù che comunque, sentito il nuovo proprietario, non dovrebbero esserci nel prossimo futuro.
Il locale, senza scampo, è strutturalmente ed emotivamente legato alla filosofia architettonica degli anni ’70, a partire dallo stile dell’insegna che capeggia sull’ingresso principale, allo stesso tempo futurista e dal sapore retrò.
 

La Pineta 2 - Spaghetti ai ricci

La Pineta 2 – Spaghetti ai ricci

 

Collocato alla base di un grigio palazzone di fascino post-sovietico, il ristorante è al suo interno organizzato con intelligente distribuzione degli spazi. I muri perimetrali sono caratterizzati da una serie di stretti setti squadrati a dente di sega, periodicamente spezzati da alte feritoie che filtrano la luce, obliquamente rubandola alla rigida geometria dei contorni esterni. Con lo stesso orientamento a 45° sono disposti i pilastri portanti e il caratteristico controsoffitto di pannelli fonoassorbenti verticali, che creano una sorta di scacchiera sospesa nell’aria, utile per integrare gli impianti di illuminazione e condizionamento. La mobilia dal calore familiare, pareti dalle tonalità verde/terra e alcuni pratici ed eleganti separè, definiscono una atmosfera dal gusto decisamente vintage che, chi ricorda con nostalgia gli anni di Zico e Paolo Rossi, non potrà non apprezzare.
 

La Pineta 2 - Gran fritto

La Pineta 2 – Gran fritto

 

Pochi gli avventori presenti in sala, il servizio veniva garantito da un unico gentile, volenteroso, ma a volte disattento cameriere, che ha comunque affrontato con discreta e piacevole empatia le stravaganze dei tre esigenti Burricchi. Cernita del vino parzialmente condizionata dal fato: Il Raschione divisava sovrascrivere la volontà dell’Ingegner Marrocu, anteponendo un Tuvaoes d’annata alla scelta del collega, ma questo risultava in ultimo non più disponibile, tant’è che la prima ipotesi veniva pragmaticamente ripescata: vermentino/chardonnay IGT Villa di Chiesa del 2009, Cantina di Santadi.
Il menù, per una scelta di riverente continuità col passato, ripropone i piatti
– non eccessivamente elaborati ma cucinati su prodotti e materie prime di primissima qualità – della gestione precedente.
 

La Pineta 2 - Latte cotto con fragole

La Pineta 2 – Latte cotto con fragole

 

I Burricchi onoravano quindi gli antipasti, saturando in pratica tutta la disponibilità della cucina per il pranzo: spiedino di gamberi rossi in crosta di pane e pancetta su fonduta di “Blue Stilton” (praticamente gorgonzola), insalata di mare con calamari, gamberi e cozze, calamari spadellati con crema di piselli al profumo di rosmarino, frittino misto del pescato di giornata, con trigliette, gamberi e calamari. Piacevolezza, gusto e genuinità degli ingredienti, ineccepibile.
Primi piatti sulla falsa riga degli antipasti: preparazione ottima, ma senza particolari concessioni alla ricercatezza estetica; lasagnetta ai gamberi rossi per Il Raschione e l’Ing.Marrocu, sontuosi spaghetti ai ricci freschi per Jesus. Spazio ancora rimaneva per un secondo piatto: gran fritto di gamberi, calamari e carciofi che, per una sottovalutazione delle capacità digestive degli anomali commensali, stavano per essere serviti in misura di una porzione da dividere in tre.
 

La Pineta 2 - Villa di Chiesa

La Pineta 2 – Villa di Chiesa

 

Solo l’intervento di Jesus, che aveva correttamente intuito le intenzioni del cameriere, ha ristabilito le giuste proporzioni, comunque improponibili al concludersi del pasto, per un qualunque consumatore medio.
Dessert condizionato dall’ennesima bizzarria dell’Ing.Marrocu che, dopo aver richiesto e consumato – al pari di Jesus – un semplice sorbetto al limone (qualità nella media), veniva rapito dall’assaggio del dolce del Raschione – uno spettacolare latte cotto con fragole, mojito e spuma rosa -, tanto da ordinarne subito uno tutto per sé!
In conclusione, per accompagnare il caffè, venivano offerti dei biscottini fatti in casa con crema di nocciole e cioccolatini. Due liquori di liquirizia e una grappa barricata per Jesus chiudevano quindi le ostilità.
Conto finale 60€ cadauno che, nonostante la più volte rimarcata genuinità degli ingredienti, dobbiamo ritenere un 15-20% eccedente il giusto dovuto, per presentazione dei piatti, qualità del servizio e ambientazione.
Un pranzo ad ogni modo di ottima qualità, che propone la nuova gestione della “Pineta” come degnissima erede di un nobile e non lontano passato. Passato che, questo Sabato, per qualche ora, abbiamo avuto il piacere di rivivere.

 

VALUTAZIONE “La Pineta due”: Tre Burricchi con menzione speciale.
Ristorante La Pineta due Indirizzo: Via Bacaredda 101, Cagliari
Telefono: 070497173    [mostra in google maps]

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