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apr 6 2014

Ristorante Villa di Chiesa – Iglesias

 Scritto da Jesus | | Commenta

Villa di Chiesa - Ingresso

Villa di Chiesa – Ingresso

 

Se dresse l’église, de la terre pour regarder le ciel, et son clocher est le bras de celui qui cherche de sortir de l’eau pour respirer.
Si innalza la chiesa dal terreno a cercare il cielo, e il suo campanile è la mano di colui che cerca di uscire dall’acqua per ritrovare il respiro.
Servono un campanile,  una locanda e un municipio per far nascere una città; bastano una preghiera, un bicchiere di vino e una bugia per creare una comunità.
E tutto questo qualunque sia il cielo sotto le stelle o il terreno sotto i propri piedi.
Ora narreremo a voi di una città e di mille chiese, di una piazza e un ristorante, di una cucina e di tre burricchi, che il loro vagare ha portato proprio qui: a Villa di Chiesa.
Tra le viuzze del centro storico, tra gli sguardi sbigottiti e sospetti dei passanti («ma chinic. funti custus»)  gli asinini viandanti recuperano le loro idee, si confondono con l’architettura locale, ammirano i colori dell’arredo urbano, fino a convergere, infine, alla piazza del Municipio e lì prendere confidenza con questa nuova avventura…
 

Villa di Chiesa - Interno

Villa di Chiesa – Interno

 

E’ inaspettatamente piacente il centro storico di Iglesias, a dispetto della discutibile architettura che lo circonda. Stradine e edifici di origine medievale che si sposano con costruzioni di inizio ‘900, nella sintesi armoniosa di colore ed eleganza tipiche di più blasonate città europee, dimostrandosi ricca di fascino e di storia antica. Marrocu: «da questo scorcio sembra di essere a Parigi». Raschione: «Come a Quartucciu…».
L’intermezzo turistico si è reso necessario per un eccesso di prudenza logistica, da parte del Raschione, che ha organizzato la partenza da Cagliari un’ora e mezzo prima del prenzo. Tempo impiegato per raggiungere l’antica città delle chiese: 25 minuti, con la teutonica vettura dell’Ing.Marrocu.
 

Villa di Chiesa - Carosello di mare I

Villa di Chiesa – Carosello di mare I

 

Dopo il ludico urbano vagabondaggio, appena i morsi della fame davano le prime avvisaglie, i burricchi varcavano la soglia del ristorante “Villa di Chiesa”, subito confrontandosi, al suo interno, con quello che, in tutta evidenza, appariva un conviviale quanto chiassoso bagordo celebrativo, tanto che venivano ratto scortati oltre la prima luminosa sala e condotti, superato un breve dislivello, in un secondo ambiente sul fondo, privo di illuminazione naturale e improntato su linee d’arredamento sussumibili allo stile degli anni ’80. Pareti color crema, interrotte nella loro continuità da piccole arcate ribassate, circoscrivono mobilia e suppellettili dalle ricorrenti tonalità verdi e nere. Una timida fontana senz’acqua non riesce a conquistare appieno lo spazio, mentre dobbiamo denunciare un certo grado di trascuratezza nei dettagli, quali un fastidioso eccesso di antiestetiche prese e scatole elettriche alle pareti, alcune delle quali dozzinalmente scoperte, con tanto di cavi “a vista”. Appena di pochi euro sarebbe il costo per accomodare il tutto: perché non farlo?
 

Villa di Chiesa - Carosello di mare II

Villa di Chiesa – Carosello di mare II

 

Veniamo accolti e assistiti da un distinto ma informale maître, dalle fattezze molto simili al cantante Gatto Panceri, che si scontrerà con l’irrequietezza e la poca propensione di Jesus nell’accogliere i suggerimenti altrui: «vedo che lei non segue i miei suggerimenti!»
Difficile l’accoglimento totale delle nostre richieste, per effetto di alcune pietanze del menù non disponibili, e in particolar modo è stato difficile per il maître esaudire richieste dell’Ing. Marrocu, che si concedeva minuti aggiuntivi per scegliere, come sua abitudine, bottiglie di vino poi rivelatesi non presenti in cantina. Alla fine, ripiegherà su un pur ottimo DOC “Parallelo 41″, torbato/sauvignon del 2012, cantine Sella&Mosca di Alghero.
Il pranzo si è sviluppato piuttosto lentamente, forse per effetto della libagione nella sala principale, mentre dobbiamo dire che il servizio (tenuto da altri due camerieri), seppur complessivamente sufficiente, ha avuto isolati momenti di smarrimento, come ad esempio nello spiacevole oblio dei nostri moscati, ordinati per accompagnare i dolci e mai arrivati.
 

Villa di Chiesa - Raviolini di cernia scampi

Villa di Chiesa – Raviolini di cernia scampi

 

Tutto il processo di selezione e di attesa degli antipasti è stato condito dal frenetico tentativo del Raschione di inserire la lunghissima quanto improponibile chiave wifi del locale (poi rivelatasi inefficace, in virtù di un verosimile blocco MAC), fornita dal cameriere, tra i continui e molesti solleciti dei suoi commensali, che l’hanno tediato fino a farlo sbottare con giustificati insulti e con un autolesionistico moto di astensione dal vino (non rimasto imbevuto)!
L’attesa degli antipasti è stata comunque ripagata in virtù della qualità dei piatti a noi presentati. Non scontati, mediamente abbastanza curati nella presentazione ma, soprattutto, ricercati dal punto di vista dell’equilibrio dei sapori: un continuo gioco tra note dolciastre e componenti amare che in certi frangenti ci ha conquistato.
 

Villa di Chiesa - Tagliatelle nero di seppia

Tagliatelle nero di seppia

Villa di Chiesa - Spaghetti di paranza

Spaghetti di paranza

 

Il “carosello di mare”, ordinato in termini di due porzioni, era composto da otto differenti portate: vaschetta con gambero scottato (sarebbe stato meglio servirla un po’ più calda) su crema di ceci, impreziosita da rami di finocchio; salmone marinato all’arancia e verdure; insalata di tonno (questo dall’aspetto discutibile, da tonno in scatola!), rucola, cipolle pomodorino e scorza di limone; bocconcini di muggine con cipolla fritti su letto di verdure; cozze con purea di arancia e verdure; quadrati di polenta al nero di seppia con muggine scottato e carpaccio di zucchine e pomodori; seppie in umido con piselli, accompagnate da crostini di pane fritti; insalata di polpo con radicchio e aceto balsamico.
 

Villa di Chiesa - Calamari arrosto

Villa di Chiesa – Calamari arrosto

 

Anche i primi piatti si riveleranno piuttosto goderecci; seguivano la linea del gioco di sapori individuata negli antipasti: accattivanti raviolini di cernia con scampi, pomodorini e cipollotto fresco per l’Ingegner Marrocu; tagliatelle al nero di seppia in crema di patate, cappone e bottarga, impreziosita da scorze di limone per il Raschione Ettore; spaghetti di paranza con calamaretto fresco e panure al limone, con spolverata di bottarga (forse sarebbe stato meglio spolverarla meno, anche se il gusto non appariva comunque eccessivamente invasivo) per Jesus.
Il secondo era anch’esso inevitabile, porzionato per due: ottimi calamari arrosto (cottura perfetta) con pomodorini e decoro di mirto e finocchietto.
 

Villa di Chiesa - Bis di fritti

Villa di Chiesa – Bis di fritti

 

Notevole il dessert del Raschione e dell’Ing.Marrocu che, a differenza di un dismesso Jesus, che si accontentava di un semplice sorbetto al limone, sceglievano di concludere il pranzo con un sontuoso “bis di fritti”: raviolini alla crema, seadas al miele di acacia, salame di cioccolato e nocciole, fragole e vaschetta di crema pasticcera con pezzi di cioccolato. Superbe!
L’esperienza terminava con tre caffè, un rum “Ron Zacapa XO” per Marrocu, e un Mathusalem per il Raschione; accattivante il bicchiere con cui è stato servito, difettante invero di opportuno riscaldamento e accompagnamento ghiacciato. Costo complessivo, 51 euro cadauno, da ritenersi in eccesso di un 15-20% rispetto al giusto dovuto.

 
Con qualche difetto di ambientazione e di servizio, il “Villa di Chiesa” si distingue comunque per una cucina ricercata e apprezzabile, dal punto di vista dell’equilibrio dei sapori e della ricerca del gusto.
Vale inoltre la pena pensare di andarci per visitare il centro storico della bella Iglesias, la città del Màestro Jack! Tre burricchi pieni.

 

VALUTAZIONE “Villa di Chiesa”: Tre Burricchi.
Ristorante Villa di Chiesa Indirizzo: Piazza Municipio 9, Iglesias
Telefono: 078131641 [mostra in google maps]

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apr 16 2011

Ristorante Peek-a-Boo – Cagliari

 Scritto da Jesus | 2 commenti | Commenta

Peek a Boo - Interno

Peek a Boo – Interno

 

Per chi non fosse avvezzo agli idiomi di origine non indigena, esordiamo con l’esemplificare brevemente il significato della locuzione “peek-a-boo”, che nella cultura popolare anglosassone identifica l’equivalente del nostro “bubu-settete” o “cucù”, ovverosia il non troppo impegnativo gioco di intrattenimento – rivolto in particolar modo a spettatori al di sotto dei 36 mesi di età – che consiste nel celare ripetutamente e non troppo minuziosamente il proprio volto e/o corpo, per poi prorompere ex abrupto, fragorosamente, con l’improbabile tentativo di sorprendere o spaventare il proprio divertito interlocutore.

Peek a Boo - Frittura paranza agrumi

Peek a Boo – Frittura paranza agrumi




Sorprende non poco invece – e forse per questo il nome del ristorante (o lounge restaurant se si vuole fare i fighi!) è del tutto adeguato – il veder comparire un locale di raffinata e ricercata eleganza, pienamente integrato nella struttura di un noto mercato civico rionale (San Benedetto), crocevia per l’incontro di affrettate massaie ed annoiati pensionati, con le buste della spesa in mano.
L’interno è splendido. Un unico grande ambiente, distribuito su un livello inferiore e un ampio soppalco, converge sulla imponente e altissima vetrina del BAR che, arrampicandosi fino al soffitto accarezzata da una sorta di pergolato in legno, mette in mostra numerose bottiglie di vino su composite nicchie squadrate, retro-illuminate da una luce d’atmosfera azzurro-elettrica.
Peek a Boo - Maccarronis frutti di mare

Peek a Boo – Maccarronis frutti di mare



Oggetti d’arredamento dal gusto retrò, solleticati da una generale impronta post-moderna, tracciano i contorni glamour e “di tendenza” del ristorante, ideale confinamento per i fighetti della Cagliari bene e per alcune pseudo-celebrità che riusciamo ad intravedere all’ingresso.
Ci accomodiamo, scortati da una gentile autorevole signorina, ad un piccolo tavolo rettangolare ai margini del soppalco e con vista spiovente sul BAR di sotto, dirimpetto alla vetrina. Ci servono alternativamente due gentili e frenetici camerieri. Il menù per l’ora di pranzo non é invero particolarmente vario, tanto da rendere quasi obbligate le nostre scelte. Amplissima invece la carta dei vini (150 etichette disponibili), dalla quale scegliamo un’ottima bottiglia di Vermentino Is Argiolas D.O.C.
Peek a Boo - Tagliata di manzo

Peek a Boo – Tagliata di manzo



Ordiniamo entrambi, come antipasto monolitico, una “frittura di paranza con agrumi”, insolitamente accompagnata da una salsina di soia; tutto piuttosto buono, ma abbastanza povero in termini di qualità dei singoli elementi e di abbondanza complessiva, anche perché, per un censurabile errore del cameriere, i due piatti richiesti sono stati contratti in un unico “antipasto abbondante”, da condividere tra Jesus e il Raschione Ettore, unici attori dello spettacolo di oggi, per una nuova ingiustificata assenza dell’Ing. Marrocu.
Si proseguiva con dei “Maccarronis ai frutti di mare”, che a dire del cameriere sarebbero dovuti essere oltremodo abbondanti, non però per il più severo giudizio basato sui parametri fuori-scala degli esperti Donkeys: buoni e ben presentati («notate gli scampi che abbracciano il basilico») ma non del tutto convincenti al palato dell’esigente Raschione.
Peek a Boo - Trancio di salmone alla piastra

Peek a Boo – Trancio di salmone alla piastra



Secondi piatti differenziati per i due commensali: tagliata di manzo con rucola, grana aceto balsamico e contorno di insalata per Jesus, trancio di salmone alla piastra per il buon Raschione Ettore.
Nonostante una manifestata preferenza ideologica del cameriere per le bistecche al sangue, la tagliata di Jesus presentava un fastidioso eccesso di cottura; comunque, l’ottima qualità della carne in sé, ne garantiva una discreta apprezzabilità.
Meno margine di tolleranza invece per il trancio del Raschione, giudicato stopposo e privo di gusto.
I (due) possibili dessert proposti per concludere il pranzo non erano di pieno gradimento a Jesus, che quindi preferiva saltare la sua porzione. In virtù e per causa di questo forzato difetto lipidico, il vostro amato ometteva di immortalare la buona “torta ai frutti di bosco” richiesta dal Raschione.
Due buoni caffè e un amaro Cynar (per Jesus) terminavano le ostilità alimentari di quest’oggi.
Costo complessivo del pranzo: 45€ cadauno, che riteniamo di dieci euro superiore rispetto ad una ponderata stima ideale.
Il ristorante  “Peek a boo” presenza senz’altro una eccellenza dal punto di vista dell’ambientazione, della carta dei vini e della presentazione dei piatti. Meno lodevole la qualità complessiva delle pietanze e la varietà del menu, che condizionano inevitabilmente il giudizio finale.


VALUTAZIONE “Peek a Book”: Due Burricchi.
Ristorante Peek a Boo Indirizzo: Via Pacinotti 4, Cagliari
Telefono: 0703495393    [mostra in google maps]
 

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