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set 14 2013

Ristorante Punjabi – Cagliari

 Scritto da Jesus | 3 commenti | Commenta

Punjabi - Interno

Punjabi – Interno, Ing.Marrocu

 

Ravi, Chenab, Jhelum, Sutlej, Beas.
Posso solo pensarvi e per questo ancora non esistete. Posso navigarvi con la mente, e la mia mente già sa dove andare. Posso sentirvi stringere la vostra terra, ma la vostra terra non sa che io sono, né sa che esiste il Raschione Ettore, né ha mai sentito scorrere le lodi dell’Ing.Marrocu.
La Terra dei cinque fiumi, il suo popolo ed il suo idioma. Il Darśana, lo scorrere verso il grande Padre. Giunti al grande Padre, lì rifletteremo, lì ci purificheremo, lì daremo fuoco alla nostra carne inanimata, finché non riusciremo a trovare la risposta che andiamo cercando: perché siamo qui oggi, al Ristorante “Punjabi”?
 

Punjabi - Samosa

Punjabi – Samosa

 

Ebbene quest’ultimo impegnativo quesito, come la più estesa interrogazione sul fatto che ultimamente ci si stia spesso dedicando alla cucina etnica, non interessa il dominio della trascendenza, non oltrepassa i confini della epistemologia asinina o di una nuova ipotetica ricerca del nostro Karma. Ad onor del vero, ci hanno provato i Beatles un po’ di tempo or sono a ritrovare loro stessi per ristoranti indiani, e il risultato è stato piuttosto deludente: opere minori quali here comes the sunlet it be. A volte essere in quattro anziché tre non aiuta, e anche per questa ragione siamo qui oggi a parlarvi del “Punjabi”: perché Jesus non ha voglia di spostarsi e perché i ristoranti di cucina sarda a Cagliari li abbiamo (quasi) visitati tutti. Cosa mai ci inventeremo la prossima settimana?
 

Punjabi - Mix pakora

Punjabi – Mix pakora

 

Venerdì sera. Il protratto e tragicomico andirivieni del Raschione Ettore lungo la Via Pergolesi, alla ricerca – a piedi – della giusta traversa da imboccare, con Jesus che ininterrottamente insultava alle sue calcagna, e l’Ingegner Marrocu che, già pervenuto al locale, estendeva il turpiloquio via Twitter, è la prima pagina di questo nuovo anomalo Romanzo in seno al tomo del Donkey Challenge, che ha previsto per i Burricchi, in formazione tipo e in veste ufficiale, il testare i pregi e difetti della cucina indiana al ristorante “Punjabi”, sito nella centrale e poco parking friendly (150cv “a casinu“) Via Rossini, in Cagliari. Con cinque minuti di ritardo raggiunto lo spazientito Ingegnere, l’avventura poteva avere inizio.
 

Punjabi - Pulao

Punjabi – Pulao

 

Il Ristorante Punjabi, al suo interno, cerca di ricomporre sobriamente, almeno in ordine alla nostra percezione culturale, i colori e le atmosfere delle abitazioni del Punjab, la macro regione indo-asiatica che interessa i territori a cavallo tra India e Pakistan. La sala principale è quindi dominata, nelle pareti, nelle decorazioni e nei tendaggi, dalle tonalità del verde, del rosso e dell’arancio. In questo contesto stona visibilmente il proiettore della parete Sud-Ovest che, dirimpetto al bancone del bar, viene deputato alla proiezione di videoclip e soap opera bollywoodiane. Tra l’altro, lo stesso video proiettore è stato installato troppo a ridosso dello schermo, tanto da rendere impossibile una visione nitida delle immagini, al punto da cagionare l’auto-candidatura di Jesus per risolvere il problema: «qui ci sono due (!) ingegneri, vuole che non riusciamo a sistemarlo?». Per la cronaca, operazione fallita!
 

Punjabi - Subzi biryani

Punjabi – Subzi biryani

Punjabi - Bombay biryani

Punjabi – Bombay biryani

 

L’esperienza e il rapporto con il servizio del Punjabi non parte nel migliore dei modi. Il gentile titolare ci accompagna al nostro tavolo, in fondo alla sala, ma Jesus nota una piccola macchia di sporco sulla tovaglia e chiede di potersi alloggiare altrove. L’ “altrove” impatta invece, in traiettoria, con il flusso d’aria del condizionatore, per cui l’Ing.Marrocu reclama una terza soluzione. L’ultimo accomodo è per nostra fortuna gradevolmente apprezzato dall’ingegnere, anche perché veniamo sistemati proprio di fronte all’apertura che dà sulla cucina, e questo ci permette di intravedere i fuochi e gli chef al lavoro sul caratteristico forno tandoori in versione industriale.
 

Punjabi - Prawn narial

Punjabi – Prawn narial

 

L’interazione con i clienti è affidata al titolare indiano, a sua moglie (sarda) e a un terzo cameriere oriundo. Diciamo subito che sotto l’aspetto del servizio in generale, dobbiamo registrare note contrastanti. Da un lato sono efficaci i tempi della cucina, la disponibilità, l’empatia verso il cliente e le gestualità (vino mesciuto correttamente), mentre d’altro canto andrebbero registrati alcuni aspetti, tra i quali il mancato cambio sistematico delle posate. Buona la fornitura della cantina, dalla quale chiediamo di attingere un ottimo carignano del Sulcis DOC “Rocca Rubia”, della Cantina Santadi. La cernita di un rosso è determinata dal primo di carne comandato dal Marrocu. Per contro, la restante totalità delle pietanze era a base di pesce o verdure!  Proseguendo nella comanda, mentre per i primi, individuati nella categoria “Riso”, non abbiamo problemi, con qualche ovvia difficoltà scegliamo gli antipasti; il salomonico titolare ci viene però in soccorso: «vi faccio due mix pakora, che ce li ha (quasi) tutti»!
 

Punjabi - Mahi tikka

Punjabi – Mahi tikka

 

Il “pakora” è stato invero preceduto dai tipici e gustosi samosa indiani alle verdure, delle specie di saccottini fritti triangolari, molto gustosi. Il mix era invece composto da una serie  di verdure e frutti di mare ben pastellati, tra i quali individuiamo facilmente gamberoni fritti, cipolla e, verosimilmente, bocconcini di pollo marinati. Il tutto era accompagnato da ottime e soffici focacce all’aglio e alle patate cotte in tandoori e da un tris di salse caratteristiche: salsa agrodolce, salsa allo yogurt, zenzero e menta, salsa con yogurt (zenzero) e peperoncino verde fresco. Incuriosito dalla piccantezza di quest’ultima salsa, l’Ing.Marrocu chiedeva numi alla moglie del titolare, finanche pregando che gli venissero proposti i peperoncini al tavolo. In considerazione della celeberrima barrosaggine di Jesus e dell’Ingegnere («un mio amico li coltiva più piccanti»), non vi stupirà apprendere come la cosa sia poi degenerata in una sfida all’ultimo assaggio, con tanto di «non lo mangiare è piccantissimo!» seguito, successivamente, da un: «siete gli unici cagliaritani che mangiano peperoncino, respect!». In realtà segnaliamo che il Marrocu ha raggiunto in volto cento tonalità del piombo fuso, mentre Jesus ha lacrimato ininterrottamente per la successiva ora e mezza: 1.000.000 di gradi nella scala di Scoville!
 

Punjabi - Gamberoni

Punjabi – Gamberoni

 

Dopo essersi ripresi dallo shock termico (Il Raschione non ha accettato la sfida, a voi giudicare se per codarderia o intelligenza) i Donkeys potevano dedicarsi al primo. Tre piatti di riso, scelti da ognuno dei burricchi in singolo peso, e condivisi. Jesus, non amando le spezie, comanda un “Subzi biryani”, riso basmati con misto di verdure fresche speziate, declinate in melanzane, fagiolini e peperoni. Il riso scelto dall’ingegnere, “Bombay biryani”, era praticamente identico a quello di Jesus, con l’ulteriore aggiunta di bocconcini d’agnello, mentre il Raschione ha optato per un buonissimo “Pulao”, con verdure stufate e frutta fresca: zucchine, fagiolini peperoni, pesca e melone!
 

Punjabi - Mousse al mango

Punjabi – Mousse al mango

 

Non paghi e non sazi, come loro abitudine, il triumvirato virava verso dei secondi di pesce: “Mahi tikka” per Jesus (leggerissimi “bocconcini di pesce spada, cotti in tandoor, marinati nello yogurt ed erbe delicate”), “Prawn narial” per il Raschione (gamberi con cocco e strana salsa di pomodoro, accompagnati da riso basmati), gamberoni “giganti” marinati con ajwaini e poi arrostiti per l’Ing.Marrocu. L’intenso sapore di questi ultimi ha fatto trasalire l’ingegnere («dovevo venire al ristorante indiano, per assaggiare i gamberoni meglio arrostiti di Cagliari!») tanto da richiedere nuovamente l’interlocuzione del titolare, scoprire che in realtà si trattava di gamberi congelati freschi, e imbastire una nuova lunghissima discussione su surgelamento, congelamento, ammoniaca, pescherecci di Mazara del Vallo, circo Orfei, storie d’amore a lieto fine: «l’avete provocato e adesso non si ferma più!»
Conclusi anche i secondi passiamo ai dessert. La scelta era univoca perché: «tutti gli altri dolci indiani che offrivamo non piacevano». Nonostante questo disadattamento culturale, tipico limite nostrano sardo – come confermerà l’Ing.Marrocu ferendo a bottigliate il primo passante per strada -, la mousse al mango propostaci era veramente ottima. Stranissimo il sapore delle perline di zenzero, cardamomo, liquirizia, e non so che altro, serviteci in ultimo come tradizionale elemento di fine pasto indiano («servono per pulire la bocca»). Tra il gusto di smarties e quello del sapone di marsiglia la percezione che un sardo medio potrebbe avere. La cena si concludeva quindi con due caffè, una grappa al cardamomo («leggerissima») per Marrocu, e un eccellente rum indiano per il Raschione. Costo complessivo 45€ cada-burriccu, da ritenersi, per quanto ne capiamo di cucina (indiana), un 10% eccessivo rispetto al giusto dovuto.

 

Il “Punjabi” è senza dubbio un buon locale, con una eccellente e genuina proposta di pietanze etniche, comunque modulate e apprezzabili dal variopinto e composito pubblico degli avventori cagliaritani. Bella e rilassante l’ambientazione, anche se il maxi schermo sarebbe meglio rimanesse spento. Ottima la cucina, in buona parte merito del forno tandoori, mentre qualche appunto lo dobbiamo muovere al servizio. In definitiva, complessivamente, il nostro giudizio finale è di tre burricchi, meno meno. Comunque bravi.

 

VALUTAZIONE “Punjabi”: Tre Burricchi.
Ristorante Punjabi Indirizzo: Via Rossini 65, Cagliari
Telefono: 0703110887 [mostra in google maps]

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lug 9 2012

La locanda dei Buoni e Cattivi – Cagliari

 Scritto da Jesus | 2 commenti | Commenta

La locanda dei Buoni e Cattivi - Interno

La locanda dei Buoni e Cattivi – Interno

 

Dissertazione quarta. Al di là del bene e del male; riuscite forse a vedere da sopra le nuvole, nello squarcio aperto dal meraviglioso tuonare del dubbio, quanto fragile possa divenire l’esercizio della vostra morale, per la quale il perfettibile soccombe al valore della consuetudine, il meritevole muta in Burriccu, il brillar di spade cede il passo agli onori della temperanza. Epperò, prima che il gregge travolga con mansuetudine il proprio pastore, nulla può presentarsi tanto malvagio o tanto probo da non accostarsi al limite opposto della propria essenza, e nulla è tanto solido da non essere amato e odiato in sola funzione di un proferito “sì” o “no”.

La locanda dei Buoni e Cattivi - Composizione polpo di scoglio

Composizione polpo di scoglio e patate

 

Dissertazione intermedia. Volontà di potenza; si coltiva infine la propria coscienza, nel delirio della personale burriccaggine, auspicando di condurre il proprio contrappasso e prescrivere la propria pena. L’eletto di fatto determina e dipinge la sua gloria, ma questa diviene sovente nevrosi insanabile, o noioso passatempo.
Dissertazione ultima. Inedia di passioni; è regno e dominio della susunkaggine, che nulla chiede al mondo per nulla sentirsi chiedere. E’ il principio di prudenza, il timore del castigo, il passo mancato verso l’uscio del piacere, che si tramuterà in rimpianto o, senza coscienza, in qualcosa di unicamente utile per colmare queste ultime righe.

 

La locanda dei Buoni e Cattivi - Frullato di melone biologico

Frullato di melone biologico e prosciutto croccante

 

Lungi da noi la volontà di dissertare ulteriormente su questioni che meriterebbero orecchie meno appuntite e, allo stesso modo, scoperti inadatti e inadeguati all’elogio – in virtù di una maggiormente coltivata attitudine all’insulto – accenniamo solo marginalmente alla iniziativa della onlus  “Domus de Luna” che, con il prezioso indirizzamento della accademia di cucina dello chef Petza (S’Apposentu di casa Puddu), e il supporto della cooperativa “Pocopoco“, trova felice e concreta realizzazione nel locale che oggi recensiamo: la “Locanda dei Buoni e Cattivi”, non solo un ottimo ristorante ma anche un comodo Bed & Breakfast collocato nel cuore della Cagliari aristocratica.

La locanda dei Buoni e Cattivi - Tagliatelle gamberi rosa zucchine

Tagliatelle gamberi rosa zucchine

 

Venerdì sera. Uno stanco e provato Jesus si fa scarrozzare dal più energico Raschione Ettore per le vie del centro città. Un lungo week end di fatiche istituzionali l’attende ma, nonostante questo, non si sottrae al suo alto e doveroso Uffizio. Indisponibile l’Ing.Marrocu, salta nuovamente la promessa presenza del burriccu Melis (vedi dissertazione ultima) il quale, non trovando più scusanti adeguate per rimandare l’attesa scornata economica, sceglie di interrompere le comunicazioni e non rispondere più ai messaggi: giudicate voi!
Alle ore 21 circa, quindi, in obbligata configurazione PACS, Jesus e il Raschione imboccano la Via Vittorio Veneto, a pochi passi dal Teatro Massimo, per trovarsi, di lì a poco, di fronte all’ingresso del ristorante.

 

La locanda dei Buoni e Cattivi - Scaloppa di cefalo gratinata

Scaloppa di cefalo gratinata

 

“La locanda dei buoni e cattivi”, collocata all’interno di una elegante villa del novecento, si affaccia discretamente nella via Veneto, ed è esternamente dominata da un grazioso e ombreggiato giardino, alloggio estivo per una decina di tavoli, protetti da pratici tendaggi e circondati da piante e ornamenti vegetali, che rendono la permanenza piacevole e suggestiva.
La sala interna – dove i burricchi trovavano riparo -, è intima e ben curata: pareti color crema, grandi tempere dai temi acquatici, arredamento semplice e moderno, eccezione fatta per qualche mobile rustico adibito a deposito di posate, ad onor del vero accidentalmente avulso dal contesto estetico. Il servizio, preciso e professionale, è garantito da una gentile e graziosa signorina, e da un più frenetico e indaffarato giovinetto.

 

La locanda dei Buoni e Cattivi - Crema al mascarpone macedonia

Crema al mascarpone, macedonia

 

Il menù, relativamente agli antipasti, non prevede un elevato numero di differenti portate, ma propone una ristretta scelta di eccellenze di scuola Petza, prodotte dallo chef Paolo Ghiani: composizione di polpo di scoglio con tocchetti di patate di Villacidro e cipollotti caramellati biologici (eccellente) e un originalissimo frullato di melone biologico al moscato di Monserrato e prosciutto croccante, il cui amalgama medio risulta equivalente a un convenzionale “prosciutto e melone”, ma inversamente distribuito in termini di consistenza!
Ad accompagnare gli antipasti e il resto della cena, per un colpevole difetto di cernita da parte del Raschione, è stato un pur ottimo (spumante) torbato brut “Terre Bianche” di Sella & Mosca.

 

La locanda dei Buoni e Cattivi - Mousse al limone

La locanda dei Buoni e Cattivi – Mousse al limone

 

Più ampio il ventaglio di proposte di primi e secondi piatti. Stesso primo per entrambi i burricchi, delle buonissime “tagliatelle fresche di semola con bisque di gamberi rosa e zucchine del Paese del vento”, seguito
– come secondo – da una “scaloppa di cefalo gratinata, con panure alle erbe del Paese del vento” su letto di zucchine saltate; quest’ultima, molto gradevolmente abbinata con le verdure, risultava forse meno brillante, in ordine alla tenuta della gratinatura e al livello di idratazione.
Ineccepibili invero i dessert: crema al mascarpone e macedonia di pesche biologiche su crumble croccante per Ettore, mousse al limone con cialda al burro e scorze amare caramellate per Jesus.
Essendo praticamente assente (non sappiamo se per ragioni contingenti, logistiche o morali) una cantina dei liquori, l’unico accenno di libagione concesso ai due sacerdoti del vizio, è stato un buon moscatino DOC della cantina Trexenta, con il quale i burricchi concludevano il loro pasto.
Costo complessivo della cena 50€ cadauno, da giudicarsi un 10% superiore rispetto al giusto ideale.
L’ambientazione della “Locanda” è gradevole e rilassata, parimenti all’aspetto culinario
– marcatamente di impronta Petza -, di ottimo livello, nonostante qualche limabile imperfezione in istanza di preparazione dei piatti.
Inoltre, se da un lato si può giustificare (e forse elogiare) la scelta di tenere un menù limitato a poche eccellenti pietanze, più appuntabile ci pare il difetto di una adeguata cantina di vini e liquori, che sarebbe di naturale sussidio ad una cucina obiettivamente prestigiosa. Ad ogni modo, tre meritati burricchi per un ristorante non ci ha certo lasciato indifferenti.
 

VALUTAZIONE “Locanda dei Buoni e Cattivi”: Tre Burricchi.
Ristorante
  Locanda dei Buoni e Cattivi
Indirizzo: Via Vittorio Veneto 96, Cagliari
Telefono: 0707345223 [mostra in google maps]

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feb 18 2012

Ristorante La Taverna di Castello – Cagliari

 Scritto da Jesus | 3 commenti | Commenta

Taverna di Castello - Cattedrale di Cagliari

Taverna di Castello – Cattedrale di Cagliari

 

La comune tradizione cristiana, prescrive di innalzare i templi della fede popolare, fin su nelle più alte vette, o di elevare maestose cupole e imponenti campanili oltre il culmine delle urbane costruzioni le quali, dal canto loro, con rispetto e reverenza nei secoli passati, mai hanno divisato di sfidare il mistico dominio del culto e della edificazione dello spirito; spirito che, condotto e guidato dalla fede, deve poter toccare il cielo e dall’alto dominare qualsivoglia espressione di umana potenza e superficiale vanità. Di questa reale e surreale consuetudine, abbiamo qui visiva trasfigurazione, nella discreta sagoma del monumento dedicato a San Francesco, ubicato nella piazzetta Carlo Alberto in Cagliari, già piazza del Municipio o – ancora più addietro negli anni, in epoca aragonese -, la “Plazuela”, dimora del patibolo riservato ai nobili della città.
 

Taverna di Castello - Interno

Taverna di Castello – Interno

 

La minuta figura mortale del Santo, viene ivi sovrastata dall’imponente duomo barocco che, con perfetta simmetria e proiezione dell’immagine alle sue spalle, ne ridisegna i contorni dello spirito, elevandoli al cielo, oltre tutto ciò che appare umano e terreno.
Alle ore 20.50 di Venerdì 17 sera Jesus ascendeva, in compagnia dell’ultra-ortodosso Raschione Ettore, verso il culmine del colle di Castello, non seguendo le tracce e gli irti sentieri dell’anima, ma bensì lasciandosi condurre da un meno trascendente ascensore panoramico: «Raschione, sai quanto poco basta a sfracellarsi al suolo dentro queste scatole infernali?»
«Jesus statti zitto, brutta cuccurra, ca…!»
 

Taverna di Castello - Antipasti

Taverna di Castello – Antipasti

 

Penitentemente discendendo il colle, tra le pittoresche viuzze del Castello antico, percorso un breve tratto della via “La Marmora”, si possono incontrare l’uscio e la piccola insegna in legno – a onor del vero non particolarmente seducenti – de “La Taverna di Castello”, o “Tavernæ di Castello”, secondo la dizione riportata sulla porta di ingresso.
Alle ore 21.00, Jesus e il Raschione, puntualissimi come da loro abitudine, varcavano la soglia del ristorante, non prima di aver sollecitato telefonicamente un attardato e ingiustificato Ingegner Marrocu, in quel momento impegnato (anche questo come d’abitudine: i responsabili delle forze dell’ordine possono contattarci per avere maggiori dettagli sul suo autoveicolo!)  in un parcheggio free-cost al limite della legalità, che ne avrebbe poi condizionato il benessere emotivo per il resto della serata.
 

Taverna di Castello - Maccarrones de busa

Taverna di Castello – Maccarrones de busa

 

L’interno del ristorante è invero delizioso e suggestivo. Discese le brevi scalette all’ingresso, ci si ritrova in quella che appare una piccola cripta o l’anfratto di una antica cantina medioevale. La sala principale, che ospita un esiguo numero di tavoli squadrati, è sormontata da una splendida copertura in legno, integrandosi rusticamente con la caratteristica cucina a vista sul fondo, da essa – non olfattivamente – disgiunta per mezzo di un elegante separè.
Le spesse pareti in pietra sono impreziosite da suppellettili d’arredo familiare, e da alcune gradevoli nicchie scavate nella muratura, che assumono il ruolo di pratiche mensole o piccole librerie.
 

Taverna di Castello - Ravioli di cernia

Taverna di Castello – Ravioli di cernia

 

Ad una seconda graziosa saletta (ancora più minuta della principale e caratterizzata da una robusta volta in pietra), si può accedere discendendo ulteriormente e brevemente di livello. L’illuminazione è garantita da sobri lampadari in ceramica, mentre, dal fondo della cucina, si odono indistinte le note di compilation dei Police e degli U2, prese a pretesto dall’Ing.Marrocu per dare prova di una sconfinata cultura musicale, manifestata per la conoscenza di ricercate composizioni di nicchia, quali “One” o “Sunday bloody Sunday”!
Sebbene in parecchi riescano ad apprezzare il valore delle band sopra citate, sarebbe più opportuno, data l’impronta e l’atmosfera del locale, indirizzare la riproduzione musicale verso stili quali la Classica o il Jazz, e comunque evitare in maniera categorica i Police, in grado di scatenare freudiani malesseri in paranoici avventori quali il buon Ingegnere.
 

Taverna di Castello - Gamberi all'arancia

Taverna di Castello – Gamberi all'arancia

 

Il servizio, gentile e impeccabile, è garantito da un’unica giovane cameriera, che freneticamente corre per la sala assistendo i comunque non pochi avventori ed accogliendo i nuovi arrivati (anche ad orari non più tollerati da taluni ristoratori).
Il menù, seppur non eccessivamente articolato, svaria tra pietanze di terra e di mare. Per queste ultime – ci viene espressamente indicato -, è prassi e profilassi del ristorante congelare preventivamente gli ingredienti, anche il pescato di giornata, al fine di preservare la salute dei propri clienti. Seppure tale scelta potrebbe far pensare a un subordine nella qualità complessiva, i Donkey accettano la sfida della cucina, impostando la cena nell’ottica dei piatti di mare. Tale audacia, vedremo, risulterà gratificante.
 

Taverna di Castello - Tagliata di tonno

Taverna di Castello – Tagliata di tonno

 

Dopo aver scelto il vino per la serata – un ottimo vermentino DOC Tuvaoes della cantina di Giovanni Cherchi -, e dopo aver apprezzato i favolosi crostini all’olio proposti come panini d’accompagnamento, al tavolo dei burricchi venivano presentati una serie di cinque eccellenti ed originali antipasti, quattro di mare, più una integrazione di terra richiesta da Jesus.
Nell’ordine potevamo quindi apprezzare: crostini con delicatissimo patè di salmone, carpaccio di tonno con verdure, arancia e pepe rosa, eccezionale insalata di polpo con ananas, melone e scorze di arancia, polpette di dentice su letto di rucola e aceto balsamico, per finire con un ottimo piatto di bresaola condita con rucola grana e limone, che a dire il vero ci saremmo aspettati essere carpaccio di manzo (pezza crua), ma che giustamente non sarebbe stato in linea con la filosofia di profilassi precedentemente manifestata.
 

Taverna di Castello - Creme caramel

Taverna di Castello – Creme caramel

 

Di altissimo livello anche i due assaggi di primi, consumati dalla totalità dei commensali: maccarrones de busa con bocconcini di pesce spada, pomodorini e menta, raviolini di cernia con pomodoro fresco e gamberi al profumo di zafferano. Buonissimi!
Differenziati invero i secondi piatti. L’Ing.Marrocu si deliziava con dei classici gamberi cucinati “alla sarda”, con aglio e prezzemolo, mentre il Raschione sceglieva di tralignare dai canoni tradizionali, optando per i gamberi con condimento d’arancia: superbi! Meno fortunata la scelta di Jesus.
La pur buona tagliata di tonno con pomodorini e rucola, non si è rivelata comunque all’altezza di tutte le precedenti pietanze, per un eccesso di cottura del tonno stesso. Questo è l’unico appunto che possiamo muovere quest’oggi alla cucina de “La taverna di Castello”.
 

Taverna di Castello - Cheescake

Cheescake

Taverna di Castello - Crema catalana

Crema catalana

 

Ineccepibile anche la qualità dei dolci: creme caramel con guarnitura di panna montata e fragole per Jesus, cheescake con fragole per il Raschione, crema catalana classica per l’Ing.Marrocu.
Conclusione della cena con due sublimi liquori alla liquirizia (“Eclisse”) più la consueta grappa barricata per Jesus.


Costo finale complessivo, 41€ cadauno, assolutamente inferiori al valore della cena proposta, e quindi integrati con una cospicua e meritata mancia, interamente finanziata da Jesus e dal Raschione perché l’esigentissimo Ing.Marrocu si è proposto ormai da tempo di premiare esclusivamente i ristoranti che raggiungono il sesto burriccu, su una scala di cinque!
Quattro (meno meno, per i difetti evidenziati) sono i burricchi che invece quest’oggi vogliamo attribuire a “La Taverna di Castello”, per una qualità della cucina di primissimo livello e per l’ambientazione intima e suggestiva, che ne fa meta ideale per romantiche serate in compagnia. Assolutamente da non perdere!
 


VALUTAZIONE “La Taverna di Castello”: Quattro Burricchi.
Ristorante Taverna di Castello Indirizzo: Via La Marmora 24, Cagliari
Telefono: 0703110056    [mostra in google maps]
 

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