nov
8
2014
Il Campidano – Interno
Tornano a piegarsi le spighe di grano, e gli steli dei papaveri, e l’erba e le viti nuove. Da ciascuna Via arriva un bagliore vermiglio, per peggio mostrarsi ai piedi dell’orizzonte. Ma prendendo poi guida di questo, nulla appare ribelle e vivo, nulla ruggisce verso il cielo, qui dove sto e tutt’attorno.
Distese di pavida terra, morsa e levigata dal sole, storie di passati primitivi, di fatiche e di maledette rassegnazioni. Tutto è dolore silente, tutto è posato; tutto tace e nulla si eleva orgoglioso, se non fiero di spremersi di sudore per una goccia di vino buono.
Cavalchiamo questa terra come formiche giganti, alla ricerca una qualunque meta. Presto troveremo le montagne e subito torneremo indietro, timorati dell’erta che ci attende. E’ il Campidano: è la nostra fortuna e disgrazia, la nostra libertà e la nostra prigione, il nostro nutrimento e la nostra fame.
Il Campidano – Seadas salate
Per quanto levigata e retta possa essere una Via, per quanto possano essere comodi i sedili in pelle della 150cv, non è facile tenere le mani salde sul volante per trenta minuti filati e non farsi sopraffare dalla pervasiva tentazione di capottarsi con violenza su un lato della SS.131, quando al tuo fianco trovi un intraprendente Ingegnere che cerca di convincerti ad entrare nel businness della fusione nucleare fredda, e un secondo Burriccu che battibecca tutto il tempo con il primo il quale, intanto, aveva già abbandonato i discorsi economici per dedicarsi alla frenetica modifica di tutte le impostazioni dei dispositivi presenti sul tuo cruscotto, autoradio compresa.
Il 27 Settembre, di Sabato mattina, questa sorte è toccata al martire Jesus che, fatti accomodare l’Ing.Marrocu e il Raschione Ettore, in tempo record e anticipo di trenta minuti rispetto alla tabella di marcia, riusciva a scaricare la zavorra asinina di fronte al ristorante “Il Campidano”, nel cuore di Samassi.
Il Campidano – Antipasti
Il Ristorante è collocato nella struttura dell’omonimo Hotel, a conduzione familiare, nella Via principale del Paese. Al suo interno lo stile richiama subito alla mente, compostamente ed elegantemente, l’arredamento di una casa campidanese degli anni ’60/’70.
La sala da pranzo è una sorta di andito accogliente e luminoso, che si estende dall’ingresso delle cucine fino alla parete opposta, impreziosita centralmente da una sorta di pilastro sporgente decorato con mattoncini refrattari, che hanno catturato per qualunque minuto l’attenzione professionale dell’Ingegner Marrocu, il quale contemplava estasiato la composizione quasi si trattasse del Golden Gate di S.Francisco.
Eccellente la proposta musicale Jazz, diffusa in sottofondo. L’intrattenimento acustico ha avuto però un momento di oblio per effetto di un black-out intercorso durante il pranzo. Lo stesso Jesus si è comunque premurato di rifar partire il CD. Meno brillante, anzi possiamo dire indecoroso, l’impatto estetico dei servizi igienici, condivisi con altri spazi dell’hotel: da colonia estiva!
Il Campidano – Ravioli neri
Di discreto livello invero il servizio, tenuto da un’unica cameriera, che non ha avuto difficoltà a dedicarci tutte le attenzioni del caso essendo gli unici clienti presenti in sala!
Unica imperfezione di rilievo che dobbiamo segnalare sta nella mescita del vino – un Torbato DOC “Terre Bianche cuvée 161″ di Sella&Mosca -, purtroppo servito eccessivamente caldo, tanto che l’ing. Marrocu, sciaguratamente si impossessava del ghiaccio del cestello per raffreddare il contenuto del suo bicchiere: orrore!
A parte questo “agghiacciante” episodio, dando uno sguardo al menù, subito ci possiamo render conto che la cucina de “Il Campidano”, è tutt’altro che scontata e banale. Lo chef è Alberto Sanna, un giovanissimo cuoco che si è fatto le ossa in quel della Costa Smeralda, per poi ritornare in Patria e prendere in mano le sorti e le redini del ristorante di famiglia.
Il Campidano – Fregola alla campidanese
Scegliamo quindi dal menù una serie di cinque antipasti che si dimostreranno “squartarati” in termini di gusto e tecnica realizzativa: duetto di seadas salate con patate e melanzane, formaggio; battuto di cavallo crudo con pesto leggero e noci; zuppetta di cozze con pomodorini, crostini di pane e basilico; carpaccio di muggine marinato alle erbette con mandorle e riduzione di malvasia;
calamari grigliati con pomodorini confit e pane fragrante.
Da sottolineare, all’atto di somministrazione della zuppetta di cozze, dapprima lo scherno del Raschione nei confronti di Jesus, per l’aver questo rischiato di sporcarsi e poi, a seguire, la rappresentazione scenica, da parte del medesimo Raschione, di tutto il calendario gregoriano per l’essersi visibilmente macchiato egli stesso.
Polpo in crosta di carasau
Filetto di tonno scottato
Primi piatti altrettanto goduriosi. Ravioli neri con ripieno di gamberi e zafferano, crema alla bottarga e bottarga a scaglie per Jesus e Marrocu, fregola alla campidanese mantecata al pecorino per il Raschione.
Secondi piatti, immancabili e ugualmente di alto livello: filetto di tonno rosso scottato con funghi “portobello” arrostiti, polpo in crosta di carasau con patate e nocciole. Chapeau!
Il Campidano – Dessert
Infine un trittico di dolci: composizione di frutta fresca con anguria, ananas, kiwi, more e gelato fiordilatte per l’Ing.Marrocu; crema bruciata di mandorle con croccantino per Jesus; tiramisu allo zenzero e composta di lamponi per il Raschione Ettore. Inoltre, lo chef ha voluto farci testare una sua quarta creazione sperimentale, di carattere non certamente estivo e probabilmente presente nel menù autunno/invernale: cannolo di carasau con ricotta di pecora e crema all’arancia!
Il pranzo si concludeva quindi con dei caffè e con una Liquirizia “Mirsyne” di Dolianova, per il Raschione e l’ing.Marrocu. Costo complessivo della esperienza 46€ cadauno, da giudicarsi adeguati.
Eccellente e non banale la cucina, il ristorante “Il Campidano” è di certo una perla culinaria nel cuore della pianura. Da aggiustare alcune imperfezioni in ordine al servizio e alla condizione ambientale (leggi i bagni). Quattro burricchi meno meno.
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ott
23
2014
Dedoni – Interno
Si affaccia, indietreggia, tiene il passo; si nasconde all’angolo, osserva chi passa, intravede chi lo scorge da di qua del suo sguardo. Cammina presso ai muri per non dare nell’occhio, si ferma e borbotta qualcosa; gioca con il cellulare, risponde, simula una chiamata, si guarda intorno e riprende il cammino. Scruta in fondo ai vicoli, analizza i dettagli, con distacco si lascia trasportare dai profumi della Via, veloce ricompila per sé la ricetta più prossima alla sua memoria. Rianalizza gli ingredienti, ricompone il tutto, trasfigura, miscela e, pletorico, con platonica soddisfazione personale, sentenzia infine il suo verdetto: «qui ci vorrebbe un “Costamolino”»! E’ il professionista delle ciccionate, il guru del mangiar bene, il sofisticato gourmet al di sopra del gusto comune, il solare Dio Apollo, fiammeggiante nel firmamento della Scuola di Pirri. Insomma, il Burriccu DOC.
Dedoni – Antipasti
Otto Settembre. Agosto alle nostre spalle, l’Estate ancora ci rincorre, l’afa ci abbraccia prepotente, come una donna che non può fare a meno di te. Sembrerebbe che noi, invero, possiamo fare a meno delle donne – almeno per quest’oggi -, e la serata all-screwdrivers, tanto per cambiare, è presto organizzata. Jesus, il Raschione Ettore e l’Ing. Marrocu si danno appuntamento in quel di Via Angioy, in Cagliari. Luogo del contendere, il Ristorante “Da Dedoni”, di recente cittadina apertura. Dall’eccellente punto di parcheggio, con maestria conquistato dal Raschione Ettore, fino alla posizione in cui avrebbero poi incontrato il puntuale Ingegner Marrocu (che non con eguale rettitudine aveva intanto alloggiato il suo motociclo, giusto in fronte al locale), possono i Donkeys apprezzare pregi e difetti della Cagliari sedicente colta e culturale. Da uno scorcio urbano pittoresco e seducente, fino al pestilenziale fragu de aliga che come un fulmine a ciel sereno ti trafigge, quando ti avvicini ai cassonetti straripanti di umana beltà. Ahimè!
Alle ore 21, il Triumvirato della ristorazione sarda, in formazione tipo, poteva finalmente varcare la soglia del locale.
Dedoni – Fantasia di pesce spada e bottarga
Il ristorante è strutturalmente organizzato su una topologia a forma di martello. Dal disimpegno d’ingresso, caratterizzato da una prima concentrazione laterale di coperti a ridosso della vetrina che dà sulla strada e da un bancone d’angolo, ci si immette in una sorta di largo corridoio, con due lunghe file di tavoli periodicamente disposti a ridosso delle pareti. La distribuzione dei tavoli, segue idealmente il percorso tracciato da una sorta di controsoffitto lineare color nocciola, che cela dentro di sé l’impianto di condizionamento centrale, e concentra ai suoi lati numerosi punti luce.
L’impatto estetico complessivo, in equilibrio tra uno stile moderno e minimalista, è a nostro parere piuttosto disarmonico, anche in virtù di una inelegante pavimentazione chiara, composita di piccole pianelle quadrate, che seguono pedissequamente la traccia longitudinale della sala. Con una pavimentazione più moderna color cotto, o false arcate spezzanti la monotona continuità della sala, tutta l’atmosfera di certo ne avrebbe da giovare.
Dedini – Fregola ai frutti di mare
Pochi gli astanti presenti – uno dei quali a fine serata si congederà dalle sue ospiti swinging from the chandeliers -, il servizio era tenuto dal titolare e da un altro cameriere. Sbrigativamente veniamo introdotti agli antipasti, che saranno in tavola esattamente tre minuti dopo il loro ordine! Contestualmente richiediamo un primo comune e scegliamo il vino: dapprima un Vermentino di Gallura DOCG Superiore “Cucaione” di Piero Mancini, seguito poi da un DOC “Olianas”, di identico uvaggio, direttamente estrapolato dall’Ing.Marrocu dopo una delle sue celebri escursioni in pellegrinaggio verso la vetrina dei vini.
Dedoni – Astice alla catalana
Gli antipasti si componevano di una serie di cinque portate, di cucina piuttosto semplice i quali, per quattro quinti, non ci hanno particolarmente stupito in ordine alla fantasia e alla ricercatezza realizzativa: tonno con olio e cipolle; tranci di salmone in umido con pomodori e olive; polpetti alla diavola; insalata di polpo con patate e prezzemolo; fantasia di carpaccio di pesce spada con cuore centrale di bottarga a scaglie su letto di radicchio. Il primo piatto comune, era invece una fregola ai frutti di mare, con base di pasta industriale e condimento di cozze, gamberi e seppie, almeno da quello che siamo riusciti a carpire visivamente, olfattivamente e a livello gustativo…
Dedoni – Cruditè di frutta
Dedoni – Profiterol
Non ancora pienamente soddisfatti, sceglievamo di proseguire la cena con un secondo piatto. Nella fattispecie, due astici di piccola pezzatura cucinati alla pseudo-catalana con olio, cipolle bianche, pomodorini e decoro di foglie di sedano. Gusto complessivo, comunque non entusiasmante. Prima dell’arrivo degli astici c’è stato un rinfrescante intermezzo di verdure in pinzimonio (finocchio, ravanelli e pomodorini).
Dedoni – Dolcetti sardi
Infine i dolci: profiterol al gelato di cioccolato per il Raschione, cruditè di frutta esotica, con ananas e Kiwi per l’Ing.Marrocu, dieta per Jesus. I primi dolci sono stati seguiti poi da un assortimento di dolcetti sardi classici, offerti dalla casa, accompagnati da un moscato di produzione locale, con gradazione più simile a quella del fil’e ferru piuttosto che del moscato!
Il pasto si concludeva qui. Costo complessivo della cena, 48 euro cadauno, da giudicarsi un 20% superiori rispetto al giusto dovuto, in funzione di qualità del servizio e della cucina di sufficiente valore ma, complessivamente, non particolarmente brillanti, almeno nella serata descritta.
Il nome è in qualche modo altisonante per la ristorazione cagliaritana. La cucina è semplice e l’ambientazione senza troppe pretese. Ideale per cene non troppo impegnative, o per uscire con due ragazze contemporaneamente, per poi però ubriacarvi, venire deriso dalle due, e non riuscire a concludere nulla. Due burricchi, meno meno meno.
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ott
7
2014
Su Gologone – Ambienti
Fonte della vita. Bevo la tua memoria. Brindo alla tua memoria; assaporo ogni istante che ho passato ad aspettarti, richiamo alla mente ogni minuto speso ad immaginare la nostra fine; gioisco e mi stupisco, nel tuo vortice di purezza, della tua essenza limitata e senza confini, del tuo tempo mutevole ad ogni spazio.
Sento la tua inerzia, muta e fragorosa; seppellisco la parte di me che non riesce ad ascoltarti, che non sa fermarsi per riposare, che non governa i suoi porci e le sue iene, che una cosa o l’altra risolve e dimentica, senza affondarla nel tuo oblio.
L’agnello sgozzato riposa sull’altare, il suo sangue ormai ha bagnato i nostri piedi. Ora resta a te purificare questo nostro rito, e permetterci, dopo la morte, di vivere ancora una volta. Tanto per non cugurrare e cugurrarvi!
Su Gologone – Antipasto barbaricino
Bene, a distanza di due mesi abbiamo detto abbastanza. Siamo talmente indietro con il nostro dovere, che l’Ing.Marrocu in questo istante starà probabilmente correndo con il suo CX Gilera capelli al vento. Non perderò tempo quindi nel raccontarvi i dettagli e i retroscena dell’evento. Giusto qualche riferimento temporale e geospaziale. Ferragosto, giornate non troppo afose, soprattutto con la climatizzazione settata al limite della sofferenza. Oliena, Terra di troiani in fuga, Terra di Barbagia. Non lontano dal Paese la sorgente carsica de “Su Gologone”, misteriosa e solenne. Poco distante, il Ristorante / Hotel che porta il suo nome.
Quivi, il Raschione Ettore, non domo – finanche in ferie – di tessere le sue trame pubblico-relazionali, organizza una estemporanea ciccionata per maestosamente celebrare il respiro del Supramonte.
Crocchette di patate
Flan di pecorino al sugo
Ospiti e celebranti la rituale gozzoviglia, lo stesso Raschione, Jesus, la Donna del Presidente e un nutrito e variopinto gruppo di fan, per un totale di otto persone (e altrettanti coperti).
In primis, il punto di congiunzione tra i Burricchi e il resto della comitiva era (Omissis), accompagnata dalla fanatica del fitness (Omissis), con consorte, oltre ché da una seconda coppia di amici. Anticipiamo subito che, per ragione di memoria e di bolscevica condivisione dei beni, non particolareggeremo l’associazione degli ordini. Gli Omissis mi sono stati imposti in sede di revisione censoria dell’articolo, per questioni legate all’invasione aliena e alle profezie Maya sugli sticazzi.
Su Gologone – Antipasti
Tralasciando la incantevole cornice naturale nella quale si trovano collocati, il Ristorante e l’Hotel “Su Gologone”, sono splendidi. L’Hotel è strutturato come una sorta di pittoresco e colorato villaggio barbaricino, adagiato su una collina che s’affaccia sul Supramonte. Ogni angolo e anfratto del villaggio è curato nei minimi dettagli, seguendo una linea a cavallo tra il raffinato e il gusto tradizionale sardo. Gli spazi comuni sono di per sé notevoli: salotti all’aperto, che mescolano eleganza e asprezza della natura, disimpegni che si trasformano in musei della tradizione indigena. Superato uno di questi spazi, raggiungiamo la sala ristorante, che per la stagione Estiva si declina in una terrazza coperta, con vista sulla Piscina.
Su Gologone – Primi
La comitiva si accomoda in un tavolo all’angolo Sud della terrazza, non proprio vicino al parapetto “Vip” che dà sulla piscina. Piuttosto, inizia subito una tragica competizione per la sopravvivenza, tra commensali imbaschiti, e chi, come Jesus, capitava collocato al perigeo di un vistoso ventilatore da soffitto, caratterizzato da una potenza non dissimile a quella di un Cessna turboelica. Da un ristorante di livello, ci saremo aspettati almeno un motore a due velocità! Risultato: freddo al pancino e questo brutto mal di pancia tutta la notte.
Ad ogni modo, dopo esserci fatti erudire dal personale (attento e professionale) in merito a costumanze e menù del ristorante, ciascuno degli astanti palesava la propria scelta e articolava la sua cena secondo esigenze e motivazioni differentemente particolareggiate.
Minestrone di verdure
Ravioli al sugo
Pani frattau
Su Gologone – Secondi
Riguardo l’aspetto puramente culinario, la cucina testata a “Su Gologone” è senz’altro di qualità, ma a nostro parere fin troppo tradizionale, senza alcuna ricercata variante sul tema di base. Tra l’altro, il menù in sé non ci è sembrato del tutto adatto per la calda stagione estiva.
Tradizionale anche la carta dei vini, dalla quale “estraiamo” una fornitura a profusione di classico “Nepente” DOC della Cantina di Oliena, e due bottiglie di Vermentino di Sardegna DOC “Cala Silente”, della Cantina di Santadi.
Iniziamo dagli antipasti. Venivano distribuiti, tra i vari commensali: antipasto barbaricino composto da prosciutto salsiccia e olive; crocchette di patate; flan di pecorino in bagno di sugo di pomodoro, con decoro di basilico; crema di pecorino; verdure fritte pastellate; funghi cotti in padella con condimento di prezzemolo; buonissima cordula (treccia) di agnello.
Su Gologone – Dolci
Numerosi anche i primi: orecchiette “alle erbette” e olio d’oliva; tradizionali maloreddus al sugo di carne e pecorino; orecchiette ai pomodori, melanzane e basilico; ravioli di ricotta alla crema di pecorino e finocchietto selvatico; pani frattau con pecorino fuso e finocchietto; ravioli al sugo con polpette di bue; minestrone di verdure barbaricino.
I secondi: pomodori con formaggio frue (formaggio fresco acidulo); stufato di maiale; carne capretto in umido; pane carasau con pecorino fuso su letto di lattuga.
Infine i dolci: assortimento di dolci al cucchiaio assortiti; tiramisù; cruditè di frutta e dolcetti sardi classici.
Costo complessivo: 46,50 cadauno, da giudicarsi un 15% eccessivi rispetto al giusto dovuto.
Ambientazione splendida, cucina tradizionale e tradizionalista, anche se non troppo elaborata. Il Ristorante “Su Gologone” è comunque una destinazione irrinunciabile per ogni turista che si trovasse nella zona. Tre burricchi con menzione speciale per la location.
VALUTAZIONE “Su Gologone”: Tre Burricchi con menzione speciale. |
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Hotel Ristorante Su Gologone |
Indirizzo: Loc. Su Gologone, Oliena
Telefono: 0784287512 [mostra in google maps]
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commenta | tags: agnello, alle erbette, amari, antipasti, antipasto barbaricino, assortimento, bagno, basilico, bue, buonissima, caffè, cala silente, cantina, carne, carne capretto, chef, commenti, con pecorino fuso, condimento, conto, cordula, costo, crema, crocchette, cruditè, cucchiaio assortiti, cucina, decoro, dessert, DOC, doc della cantina, dolce, dolcetti sardi classici, dolci, due bottiglie di vermentino, ferragosto, finocchietto, finocchietto selvatico, flan, formaggio, foto, frutta, funghi cotti, giudizi, indirizzo, jesus, lattuga, letto, maiale, mappa, marrocu, melanzane, menù, minestrone, nepente, oliena, olio, oliva, olive, opinioni, orecchiette, padella, pane carasau, pani frattau, patate, pecorino, pecorino fuso, polpette, pomodori, pomodori frue, pomodoro, prezzemolo, prezzo, primi, primi piatti, prosciutto salsiccia, qualità, Raschione, ravioli, recensione, ricotta, ristorante, santadi, sardegna, secondi, secondo, stufato, sugo, telefono, tiramisu, tradizionali maloreddus, treccia, umido, Valutazione, verdure barbaricino, verdure fritte pastellate, vermentino, vino
lug
25
2014
Notre Reve – Interno
Dépit de tout, je me réveille tous les jours,
et mes rêves restent à mes yeux, autant les papillons aiment une même fleur.
J’ai laissé les idées colorées derrière moi, et ce que je vois devant, est maintenant seulement la couleur de mes chaussures, quand je porte attention où je mets mes pieds.
Étape par étape, j’ai traversé villes ternes et champs vierges.
Mes jambes sont lourdes, comme la façon dont je marche. Je ne veux pas donner un nouveau souffle à mes espoirs, et n’attends rien d’autre que m’endormir, rêver encore et enfin me réveiller demain.
Notre Reve – Antipasti
E’ terribilmente improbabile e arduo riuscire ad alterare l’azione dei vetusti e cigolanti ingranaggi della macchina delle ciccionate, custodita nelle umide segrete della fortezza medievale dimora del Raschione Ettore.
Era già pronta a vomitare l’ultima feroce sentenza e catapultarci chissà dove nel mare nostrum della ristorazione. Il coraggioso intervento turbativo del guastatore Jesus, con l’utilizzo di una cannuga po figumorisca ben innestata nell’ultimo treno epicicloidale, ha prodotto invece una felice variazione di programma. Unico difetto della soluzione, il difficile alloggiamento delle autovetture dei burricchi – una volta di più colpevoli di diaspora antieconomica -, i quali avrebbero dovuto parcheggiare “a casinu“.
Notre Reve – Ravioli di cernia
La cosa ovviamente, non turbava più di tanto l’Ing.Marrocu capace di trovare, come sua abitudine, un più o meno legittimo approdo, a pochi metri di distanza del locale e in piena zona a traffico limitato, valicandone il confine appena un secondo prima che scattasse il divieto serale. Jesus e il Raschione invero – trovandosi sistemati a pochi metri di distanza l’uno dall’altro -, si vedevano costretti a risalire l’irta collina pedibus calcantibus, fino a raggiungere, in quel di Via San Giovanni in Cagliari, la loro agognata destinazione. A pochi passi dal già recensito “Kuvee”, chiuso per la stagione estiva, compare il ristorante pub bisteccheria “Le Notre Rêve” (il nostro sogno), pronto ad accogliere l’ebdomadario rito dei Triumviri.
Notre Reve – Tagliatelle
Dopo aver atteso pazientemente che l’Ing.Marrocu terminasse di sfruttare a pieno il suo abbonamento mobile “Fastdonkey”, alle ore 21 in punto oltrepassavamo l’uscio del locale.
La struttura interna di quest’ultimo si articola su due sale. La prima è una sorta di salotto dedicato alla zona pub, con sedili in legno e stoffa, pareti color ocra e pavimentazione rustica.
La seconda sala, allo stesso tempo adiacente e separata dalla prima, ospita una decina di piccoli tavoli squadrati, sedie rustiche, tovagliame chiaro e una pavimentazione scura, discretamente composita ed elaborata. Ci accomodiamo all’angolo Est, e subito ci sorprendiamo per la maestosa effige del Dio Bacco che fa capolino da una tela sistemata in una sorta di nicchia alle nostre spalle.
Tonno scottato
Scottona bavarese
Abbiamo qualche difficoltà iniziale a relazionarci con il maître: un ragazzo spigliato e gentile, che ci intima subitamente di rivolgerci a lui con il “tu”. Rispondiamo, altrettanto velocemente: «come lei desidera!»
A parte l’aver dovuto richiedere più volte l’arrivo dell’acqua al tavolo, il servizio è stato piuttosto attento e metodico, comunque non particolarmente oberato di lavoro per il numero esiguo di astanti.
Notre Reve – Pera al cannonau
Come nostra abitudine, ordiniamo antipasti e primi piatti trovandoli ben categorizzati, sul menù cartaceo, in sapori di mare e di terra. Scegliamo ovviamente anche i vini. Il primo è un bianco: Vermentino di Gallura DOCG “Branu” di Surrau, per il quale l’Ing.Marrocu, già scramentau in passato, chiederà notizie certe sul prezzo. Per sua gioia il corrispettivo si rivelerà assolutamente abbordabile, se misurato rispetto al prestigio dell’etichetta. La seconda bottiglia sarà un rosso (monica, cannonau, bovale), in esclusiva funzione dell’ultima portata di carne: “La Giara”, della omonima cantina di Usellus.
Gli antipasti sono ottimi. Iniziamo con un incredibile pecorino fuso (provenienza: stessa madre del maître!) su letto di pane carasau, del quale L’ing.Marrocu pretenderà a gran voce il bis. Seguiranno poi dei succulenti bocconcini di tonno al brandy e arancio, un polpo con patate alla glassa di aceto balsamico e uno squisito tris di affumicati: pesce spada, tonno rosso e salmone (unico ingrediente non nostrano), su letto di verdure, accompagnate da una curiosa e voluminosa testa di radicchio, disposta al centro del plateau.
Notre Reve – Sebada
Impeccabili i primi. Buoni i ravioli di cernia con pomodorini e bottarga richiesti da Jesus e Marrocu, eccellenti le tagliatelle “flambate” al brandy, con gamberi e zucchine, scelte dal Raschione.
Per i secondi, i Burricchi optavano a favore di un bis terra-mare, con bistecca di scottona bavarese (cottura richiesta al sangue) e tonno scottato, al vinaigrette di agrumi e pepe rosa. Memore di lamentele subite da vari clienti, in riferimento alla cottura del tonno, il maître teneva a precisare che per la cucina scottato significava “poco cotto”. Quando, a fine serata, lo chef si sarebbe presentato al nostro tavolo Jesus boriosamente avrebbe affermato: «tutto buono, ma il tonno era un po’ troppo cotto».
Risposta: «la prossima volta ve lo porto vivo!»
Buoni anche i dolci. Seadas di Tertenia al miele di anacardo con fiocchi d’arancio per il Raschione Ettore, meno brillanti pere al cannonau con cioccolato e nocciole, per Jesus e Marrocu.
La cena si concludeva quindi con tre caffè e due rum “Ron Zacapa” 15YO per Marrocu e Raschione, servito con bicchiere di ghiaccio e cioccolatini. Costo finale, 44€ cadauno, da ritenersi adeguati al valore della cena.
Con piatti semplici ma non banali, il ristorante “Le Notre Reve” propone una cucina di tutto rispetto, nel cuore della Cagliari cittadina. L’ambientazione e l’atmosfera che fanno da contorno sono gradevoli, anche se non guasterebbero un po’ più di eleganza e formalismi da parte del personale. Tre burricchi.
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giu
8
2014
Zupposofia – Interno
Critica dell’energia vitale. La luna transita nel Leone, il seme ruggisce dal suo letto di humus, il miracolo della vita si compie.
Re Sole, che dall’alto nutri la nostra Terra, che i confini del possibile hai qui tracciato, che accarezzi i nostri Inverni e soffochi la nostra Estate, che con lo sguardo accompagni il respiro dei tuoi figli, il mutevole e ritmico ondeggiare del nostro ventre, il colorarsi effimero delle stagioni, nel docile alternarsi della morte e della vita.
Con te alla vita brindiamo, per te oggi la vita celebriamo, secondo il rito che sappiamo offrirti, secondo l’antropica passione che si eleva a spirito, secondo l’umano desiderio che si spinge oltre la frontiera del divino.
Battezziamo la nostra speranza, beviamo alla fonte del tuo eterno, e con quest’acqua sacra resisteremo per sette giorni, in attesa di ciccionare ancora.
Zupposofia – Formaggi Biologici di Macomer
Sia mai che la famigerata e mirabolante macchina delle ciccionate, custodita e governata magistralmente dalla sapiente mano del Raschione, scelga un giorno per noi un ristorante dove «non si cucinano triglie arrosto», una terra che non ha mai accolto su proceddu arrostiu, un’osteria dove non si possano staccare le teste de su giarrettu a mussius, dove non celebrare il dominio nella catena alimentare, esempio di intelligenza, di ctonia prepotenza, di belligeranza umana.
Ma alto e nobile è l’impegno dei Burricchi su questa Terra. Ben altro è, oltre ciò che appare, che a voi tutti è finora, probabilmente, apparso. I profili longilinei del Raschione e dell’Ing.Marrocu, la falsa magrezza di Jesus, disillusa dal vizio dell’opulenza, significano ben altro.
Bruschette
Polpette di miglio
Capita così, allora, che la sera di un mercoledì qualunque, con l’Estate e il grande caldo ormai alle porte, il Triumvirato si ritrovi a convergere in quel della centrale Via Farina, in Cagliari.
Dopo Jesus e il Raschione Ettore – puntualissimi, anche a seguito di un parcheggio impossibile del Raschione nella improponibile Via Paoli – presto si intravvedeva all’orizzonte, appropinquandosi con passo calmo e sicuro, l’Ing.Marrocu. La ciccionata avrebbe da lì a poco, dopo i classici vicendevoli insulti di rito, avuto inizio.
Zupposofia – Tris di zuppe
“Zupposofia”, a dispetto di una insegna esterna essenziale e abbastanza anonima (iniziamo col suggerire una in legno o ferro battuto per attirare i passanti), è internamente una gemma. Strutturalmente il locale è ospitato negli spazi che un tempo furono della “Fenice Bianca” ma senza dubbio la recente ristrutturazione ha raggiunto risultati più apprezzabili dal punto di vista estetico. L’interno appare intimo e sobriamente raffinato. Gli esigui spazi sono distribuiti su due sale, separate da generose arcate in muratura. Pareti e mobilia minimalista bianche, parquet in legno chiaro e mattoni ornamentali, sono elementi comuni. La prima sala, che dà sulla strada e che ospita un breve bancone da bar, si contraddistingue per gli eleganti tendaggi color latte, lampadari in fibra vegetale e un magnificente affresco decorativo sul tema di un albero stilizzato, color fucsia. Questa tonalità, in versione più sfumata, sta alla base dell’emblema caratteristico del locale, parimenti a un secondo colore, di più difficile divulgazione, che possiamo unicamente sintetizzare con il codice HTML #d5d7bc. Una specie di grigio chiaro, in cui dominano maggiormente le componenti rossa e verde, meno quella blu. Se c’è un significato alla base di tutto questo, non mi è dato saperlo anche se, con un minimo sforzo mentale, sono abbastanza sicuro di riuscire a trovarne uno coerente con la filosofia del ristorante. La seconda sala, più interna, risulta lateralmente impreziosita da nicchie di pietra in bassorilievo, mentre esiste uno terzo spazio dedicato al desinare all’aperto. Una sorta di piccolo cortile con riparo parasole, da cui è visibile la cucina, ricco di ornamenti vegetali (per lo più fiori e spezie), che personalmente avrei impreziosito con una piccola fontanella, per onorare la misticità dell’acqua oltre ché del sole.
Zupposofia – Zuppa dell’orto
A proposito di misticità dell’acqua e del sole, è difficile inquadrare correttamente la filosofia (“nutrire al di là del cibo”) alla base di “Zupposofia”, la filosofia della zuppa. Non è un ristorante prettamente e dogmaticamente (ringrazio la DDP per il suggerimento del termine) vegetariano o vegano, ma una sorta di tempio alimentare che celebra il ciclo del sole, della terra e della vita, affidando alla ontologia e alla spiritualità dell’agricoltura bio-dinamica l’essenza del proprio rito, in accordo con una ricercata armonia universale tra uomo e natura, per il nutrimento del proprio spirito. Ricondurre l’alimentazione dell’uomo e la sua interazione con l’ambiente ad un unico respiro universale, un unico movimento di ventre, escludendo da parte sua ogni violenta prevaricazione e sfruttamento chimico/intensivo. A dire la verità è stato certamente più facile ricondurre il colore dei capelli della giovane e gentilissima cameriera a quello delle tovagliette fucsia sui tavoli (what a class!), ma da qualcosa bisognava pur iniziare.
Zupposofia – Couscous di verdure
Punto di forza di “Zupposofia” sono senz’altro l’estrema gentilezza, la premura, la passione che il personale mette in quello che fa. La cena è durata circa due ore e mezza, di cui 45′ impiegati per desinare, e il restante del tempo a farci raccontare di allevamenti biologici, di agricoltura bio-dinamica e di scelte di vita tra Cagliari e Parigi. Oltre che la succitata giovane cameriera – a cui andrebbe attribuita una menzione speciale solo per l’essersi congedata singolarmente da ogni tavolo prima di tornare a casa, e alla quale il Raschione Ettore non ha potuto fare a meno di regalare le rose che il venditore di turno era riuscito a rifilargli – ad assistere i burricchi c’erano una ragazza più matura (la parigina) e un giovane maitre. E’ quest’ultimo a fare accomodare i burricchi nel cortile esterno, in un ampio tavolo da sei, nonostante fossimo solo in tre.
Il menù, giornalmente mutevole, viene sistematicamente vergato a mano, in bella calligrafia e su un foglio di quaderno, dalla cameriera, con l’antica tecnica della carta a carbone, incorniciato in una sorta di quadro mobile che passa da tavolo a tavolo. A farla da padrone, ovviamente, sono le zuppe e le vellutate ma, come vedremo, la scelta sarà ben più ampia.
Zupposofia – Macedonia
Non volendo rinunciare ai nostri stereotipi alimentari, cerchiamo di inquadrare subito quello che poteva ricondursi ad antipasti, identificando subito un tagliere di formaggi biologici di Macomer. Questi, pecorini stagionati, caprino e crema di pecorino “Debbene” su letto di carasau e finocchietto, venivano accompagnati da deliziose confetture di prugne e di fichi e fragoline biologiche di stagione: buonissimi. Unitamente al tagliere, ordinavamo delle buone polpette di miglio allo zafferano e verdure, su letto di gazpacho andaluso. Oltre alla bontà delle bruschette, accompagnate da olio biologico di Dolianova, segnaliamo la possibilità di discernere sulla tipologia di stoviglie utilizzate nel servizio. A quelle “biologiche”, più in linea con le pratiche etiche del locale, essendo burricchi, abbiamo personalmente optato per le belle ceramiche tradizionali. Riguardo gli abbeveramenti, non abbiamo avuto predilezione per il vino biologico in menù, ma per una più accattivante (almeno per nostro gusto) birra artigianale sarda “Ale” del birrificio Dolmen di Uri – SS.
Zupposofia – Dessert
Dopo gli antipasti, le zuppe! L’ing. Marrocu sceglierà la “zuppa dell’orto” con legumi misti, al profumo d’alloro. Jesus opterà per il tris assortito (su quattro zuppe disponibili): zuppa dell’orto; vellutata di carote, cavolfiore, zucchine e menta; vellutata di sedano, rapa, finocchi, patate, e timo (eccellente!). L’unico appunto che possiamo muovere investe la quantità (eccessiva!) rapportata alla temperatura delle zuppe e alla calura ambientale: con l’arrivo della stagione estiva – come suggerito dal Raschione di ritorno dalla Russia, terra delle zuppe – sarebbe opportuno inserire nel menù più zuppe fredde, e ridurre le porzioni di quelle calde. Coerentemente il Raschione, in effetti, sceglieva il couscous di verdure e ceci mentre, per dovere di cronaca, segnaliamo che Marrocu si è anche divorato metà del tris di Jesus! Infine i dolci. Marrocu decideva per una fresca macedonia di stagione, con fragole kiwi e mele, mentre Jesus e il Raschione si concentravano su una torta di mele e arance. In versione al caffè per il Raschione, bagnata nella malvasia di Magomadas (Angioi) per Jesus. Il tutto accompagnato dalla medesima malvasia. La cena si concludeva quindi con caffè biologico alla moka, addolcito da zucchero biologico (così come biologico era il sale). Costo finale della cena, 30€ cadauno, da ritenersi almeno un 20% inferiori al giusto dovuto, per la qualità del servizio, e degli ingredienti.
Splendido il locale, ideale per una cena romantica, da visitare con il proprio partner o in compagnia degli ultimi residui della propria coscienza etico-alimentarista, “Zupposofia” offre un menù che può soddisfare le esigenze dei vegetariani, più limitatamente dei vegani, ancora più limitatamente dei burricchi come noi. La cucina è semplice, ma gli ingredienti sono di primissimo livello. Un po’ povera la cantina, ma è di per sé difficile trovare vini che seguano la loro filosofia. Tre burricchi con menzione speciale per l’etica del locale, per la gentilezza del personale e per i capelli della cameriera.
VALUTAZIONE “Zupposofia”: Tre Burricchi con menzione speciale. |
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Ristorante Zupposofia |
Indirizzo: Via Farina 22, Cagliari
Telefono: 3802634150 [mostra in google maps]
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