ott
20
2014
Da Gina – Crepuscolo
Sapore di sale. Sì è quello il sapore, ma non ci va di parafrasare Gino in onore a Gina. Citeremo invece Battiato: “il mio maestro mi insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. E mirando l’immagine di Plagemesu al crepuscolo, in mese d’Ottobre, non riusciamo a pensare al caldo torrido che era, che è ancora e che ancora ci stordisce al sole di mezzogiorno. Non riusciamo a vedere le vele e le onde al di qua dell’orizzonte, ma già impazienti guardiano alla nuova stagione, alla nuova Estate e a un nuovo sole, senza riuscire a godere il presente che forse più bello sarà del prossimo.
E da qui forse possiamo partire, per affrontare una nuova recensione, senza consapevolezza e senza bramare nulla di più che finire subito.
Da Gina – Veranda
Il mese Agosto, il giorno diciotto. Appena dopo le vacanze di ferragosto, in terra barbaricina, Jesus e il Raschione Ettore, anzi… soprattutto quest’ultimo, organizzano all’improvviso una gita nel Sulcis.
Corre il Raschione sulla statale, e quasi si dimentica di raccogliere per strada l’Ing.Marrocu, che approfittava della nostra traiettoria per lanciarsi, in corsa, sul treno free-cost verso Gonnesa. Corre il Raschione, e lo fa per arrivare per tempo all’appuntamento. L’appuntamento era con l’amica dei Donkeys Martina (celebre blogger sardo-continentale) e con altri due amici, i quali daranno forfet all’ultimo minuto.
Corre il Raschione e ovviamente, come suo solito, ci fa arrivare con mezz’ora di anticipo, rispetto agli altri ospiti; tanto che i due Ingegneri, giusto per ammazzare il tempo, maldestramente si dedicavano all’arte della fotografia, pur non sapendo minimamente impostare i parametri della reflex in condizioni di scarsa luminosità.
Da Gina – Antipasti
E’ meravigliosa l’ambientazione naturale in cui è collocato il ristorante “Sapore di Sale – Da Gina” in quel di Gonnesa (CI). A pochi metri dal mare, nella spiaggia di Plagemesu. La struttura è in tutta apparenza una sorta di prefabbricato in legno, con un corpo quadrato centrale che contiene la cucina e sala principale, ampliato con una veranda perimetrale esterna, caratterizzata da pavimentazione traballante in laminato e finestre in plexiglass. L’ambientazione è molto rustica, concettualmente estremizzante le fattezze di una vecchia trattoria. Francamente, lo spettacolo che si gode pochi centimetri più in là delle pareti, meriterebbe maggiore attenzione e cura per i dettagli estetici. Cura che non possiamo invero individuare nel sistema di calmieramento termico-ambientale. Detto in parole semplici e ragionate: pitticca sa basca!
Guazzetto di cozze
Insalata di polpo
Lunedì sera. Nonostante questo, la sala è piena. Una volta accomodati al tavolo, è difficile farci notare dal personale, tanto che il mandrone Jesus si vedrà costretto a provvedere lui stesso, dapprima a recuperare il menù, poi a richiamare l’attenzione della cameriera. Alla fine della fiera il servizio si rivelerà non all’altezza, non tanto per la notevole lentezza – in qualche modo giustificata dal numero di avventori – ma, ancora una volta, per la mancanza di attenzione per i dettagli, come il non ritirare le forchette sporche ogni cambio di piatti.
Da Gina – Fregola con arselle
La cucina di “Gina”, oltre che il comparto pizzeria, è quella rustica tradizionale di mare, con qualche piccola variante rispetto a quello a cui siamo abituati in quel del cagliaritano. Nulla è concesso a sofisticazioni, fantasia e raffinatezza estetica dei piatti. Dalla carta dei vini, riusciamo ad estrarre una bottiglia di Vermentino di Sardegna DOCG “Funtanaliras” della cantina del Vermentino Monti. Rituale dell’assaggio del vino, avvenuto in un contesto ambientale di dissacrante chiassosità.
Ordiniamo la degustazione di antipasti di mare e, contestualmente, i primi piatti. Gli antipasti erano composti da sei portate che nel complesso, ahimè, a nostro parere non si riveleranno particolarmente degne di nota.
Da Gina – Spaghetti all’astice
La degustazione – secondo i nostri ricordi e i dati che abbiamo registrato – si componeva nello specifico di: frittelle ai frutti di mare; tonno con pomodoro e cipolle; burrida; insalata di pesce spada con carote e sedano; insalata di polpo con peperoni, olive e prezzemolo; guazzetto di cozze.
Un po’ meglio andavano i primi piatti: fregola con le arselle – comunque in tutta apparenza cucinata con pasta industriale -, e spaghetti all’astice. Legato a quest’ultima pietanza, nessun particolare evento tellurico è da segnalare nei confronti degli indumenti dei commensali di Jesus. Dapprima questi deridevano il Burriccu per l’essersi dotato di bavaglino artigianale, per poi seguirlo ed imitarlo onde salvaguardare la propria dignità! Ancora discreti i secondi: gamberoni alla griglia con brunoise centrale di pomodorini e condimento forzato di prezzemolo; seppiette alla griglia con identico condimento.
Da Gina – Gamberoni
Da Gina – Seppie
Al termine del pasto quindi, non rimanendo particolarmente allettati dalla proposta dei dolci, ma anche già satolli date le generose porzioni di primo, i 4/5 della comitiva si lanciava su un sorbetto al limone, anch’esso da registrarsi come non impeccabile in fase di realizzazione.
La cena si concludeva con caffè e amari, ordinati e arrivati dopo la prima istanza di conto, quindi aggiunti successivamente alla richiesta del pagamento. Quest’ultimo dettaglio ha stizzito non poco l’Ing.Marrocu, che forse riteneva procedura elegante che a quel punto gli amari ci venissero offerti tanto che, abbandonato già il locale, decideva poi di tornare indietro per recuperare il secondo scontrino.
Costo finale del pasto, 34 euro cadauno, da giudicarsi limabili per qualche euro in difetto, rispetto al giusto dovuto.
Certamente splendida l’ambientazione, non adeguatamente valorizzata dalla struttura del ristorante, la cucina del “Sapore di sale” e il servizio, nonostante qualche spunto positivo, non hanno particolarmente brillato durante la nostra cena. Due burricchi meno meno.
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lug
25
2014
Notre Reve – Interno
Dépit de tout, je me réveille tous les jours,
et mes rêves restent à mes yeux, autant les papillons aiment une même fleur.
J’ai laissé les idées colorées derrière moi, et ce que je vois devant, est maintenant seulement la couleur de mes chaussures, quand je porte attention où je mets mes pieds.
Étape par étape, j’ai traversé villes ternes et champs vierges.
Mes jambes sont lourdes, comme la façon dont je marche. Je ne veux pas donner un nouveau souffle à mes espoirs, et n’attends rien d’autre que m’endormir, rêver encore et enfin me réveiller demain.
Notre Reve – Antipasti
E’ terribilmente improbabile e arduo riuscire ad alterare l’azione dei vetusti e cigolanti ingranaggi della macchina delle ciccionate, custodita nelle umide segrete della fortezza medievale dimora del Raschione Ettore.
Era già pronta a vomitare l’ultima feroce sentenza e catapultarci chissà dove nel mare nostrum della ristorazione. Il coraggioso intervento turbativo del guastatore Jesus, con l’utilizzo di una cannuga po figumorisca ben innestata nell’ultimo treno epicicloidale, ha prodotto invece una felice variazione di programma. Unico difetto della soluzione, il difficile alloggiamento delle autovetture dei burricchi – una volta di più colpevoli di diaspora antieconomica -, i quali avrebbero dovuto parcheggiare “a casinu“.
Notre Reve – Ravioli di cernia
La cosa ovviamente, non turbava più di tanto l’Ing.Marrocu capace di trovare, come sua abitudine, un più o meno legittimo approdo, a pochi metri di distanza del locale e in piena zona a traffico limitato, valicandone il confine appena un secondo prima che scattasse il divieto serale. Jesus e il Raschione invero – trovandosi sistemati a pochi metri di distanza l’uno dall’altro -, si vedevano costretti a risalire l’irta collina pedibus calcantibus, fino a raggiungere, in quel di Via San Giovanni in Cagliari, la loro agognata destinazione. A pochi passi dal già recensito “Kuvee”, chiuso per la stagione estiva, compare il ristorante pub bisteccheria “Le Notre Rêve” (il nostro sogno), pronto ad accogliere l’ebdomadario rito dei Triumviri.
Notre Reve – Tagliatelle
Dopo aver atteso pazientemente che l’Ing.Marrocu terminasse di sfruttare a pieno il suo abbonamento mobile “Fastdonkey”, alle ore 21 in punto oltrepassavamo l’uscio del locale.
La struttura interna di quest’ultimo si articola su due sale. La prima è una sorta di salotto dedicato alla zona pub, con sedili in legno e stoffa, pareti color ocra e pavimentazione rustica.
La seconda sala, allo stesso tempo adiacente e separata dalla prima, ospita una decina di piccoli tavoli squadrati, sedie rustiche, tovagliame chiaro e una pavimentazione scura, discretamente composita ed elaborata. Ci accomodiamo all’angolo Est, e subito ci sorprendiamo per la maestosa effige del Dio Bacco che fa capolino da una tela sistemata in una sorta di nicchia alle nostre spalle.
Tonno scottato
Scottona bavarese
Abbiamo qualche difficoltà iniziale a relazionarci con il maître: un ragazzo spigliato e gentile, che ci intima subitamente di rivolgerci a lui con il “tu”. Rispondiamo, altrettanto velocemente: «come lei desidera!»
A parte l’aver dovuto richiedere più volte l’arrivo dell’acqua al tavolo, il servizio è stato piuttosto attento e metodico, comunque non particolarmente oberato di lavoro per il numero esiguo di astanti.
Notre Reve – Pera al cannonau
Come nostra abitudine, ordiniamo antipasti e primi piatti trovandoli ben categorizzati, sul menù cartaceo, in sapori di mare e di terra. Scegliamo ovviamente anche i vini. Il primo è un bianco: Vermentino di Gallura DOCG “Branu” di Surrau, per il quale l’Ing.Marrocu, già scramentau in passato, chiederà notizie certe sul prezzo. Per sua gioia il corrispettivo si rivelerà assolutamente abbordabile, se misurato rispetto al prestigio dell’etichetta. La seconda bottiglia sarà un rosso (monica, cannonau, bovale), in esclusiva funzione dell’ultima portata di carne: “La Giara”, della omonima cantina di Usellus.
Gli antipasti sono ottimi. Iniziamo con un incredibile pecorino fuso (provenienza: stessa madre del maître!) su letto di pane carasau, del quale L’ing.Marrocu pretenderà a gran voce il bis. Seguiranno poi dei succulenti bocconcini di tonno al brandy e arancio, un polpo con patate alla glassa di aceto balsamico e uno squisito tris di affumicati: pesce spada, tonno rosso e salmone (unico ingrediente non nostrano), su letto di verdure, accompagnate da una curiosa e voluminosa testa di radicchio, disposta al centro del plateau.
Notre Reve – Sebada
Impeccabili i primi. Buoni i ravioli di cernia con pomodorini e bottarga richiesti da Jesus e Marrocu, eccellenti le tagliatelle “flambate” al brandy, con gamberi e zucchine, scelte dal Raschione.
Per i secondi, i Burricchi optavano a favore di un bis terra-mare, con bistecca di scottona bavarese (cottura richiesta al sangue) e tonno scottato, al vinaigrette di agrumi e pepe rosa. Memore di lamentele subite da vari clienti, in riferimento alla cottura del tonno, il maître teneva a precisare che per la cucina scottato significava “poco cotto”. Quando, a fine serata, lo chef si sarebbe presentato al nostro tavolo Jesus boriosamente avrebbe affermato: «tutto buono, ma il tonno era un po’ troppo cotto».
Risposta: «la prossima volta ve lo porto vivo!»
Buoni anche i dolci. Seadas di Tertenia al miele di anacardo con fiocchi d’arancio per il Raschione Ettore, meno brillanti pere al cannonau con cioccolato e nocciole, per Jesus e Marrocu.
La cena si concludeva quindi con tre caffè e due rum “Ron Zacapa” 15YO per Marrocu e Raschione, servito con bicchiere di ghiaccio e cioccolatini. Costo finale, 44€ cadauno, da ritenersi adeguati al valore della cena.
Con piatti semplici ma non banali, il ristorante “Le Notre Reve” propone una cucina di tutto rispetto, nel cuore della Cagliari cittadina. L’ambientazione e l’atmosfera che fanno da contorno sono gradevoli, anche se non guasterebbero un po’ più di eleganza e formalismi da parte del personale. Tre burricchi.
2 commenti | tags: aceto balsamico, affumicati, agrumi, amari, anacardo, anrancio ettore, antipasti, arancio, bicchiere, bis, bocconcini, bottarga, bovale, brandy, branu, caffè, cannonau, cantina, cantine Surrau, carasau, cernia, chef, cioccolatini, cioccolato, commenti, conto, costo, cucina, dessert, docg, dolce, dolci, ettore, fiocchi, flambate, foto, ghiaccio, giudizi, glassa, indirizzo, jesus, la giara, le notre neve vino, letto, mappa, marrocu, menù, miele, monica, nocciole, opinioni, patate, pecorino fuso, pepe rosa, pere, polpo, pomodorini, prezzo, primi, primi piatti, qualità, Raschione, ravioli, recensione, ristorante, ron zacapa 15yo, salmone, sardegna, scottona bavarese, seadas, secondo, servito, spada, tagliatelle gamberi, telefono, tertenia, tonno, tonno scottato, tris, usellus, Valutazione, vinaigrette, vino, vino rosso, zucchine
lug
13
2014
Il Dante – Interno
Giunsero un dì nella val dei mori,
tenendo al passo gravosa soma,
tre anime prave, sanza timori.
Uno narrato per la folta chioma
l’altro fu spoglio, qual è Inverno;
il terzo visse per rasclar la rosa.
Portati qui dallo vagar etterno,
locande, vizi, per tutte l’ore;
e de’ susun’ si facevan scherno.
Sì la tavola lor dava Amore
che di seder non v’era mai pena
ma salir l’erta era dolore.
Il Dante – Zuppa di cozze e arselle
… E or che trovai quella giusta lena
che lo nero rio fa sì che scorra,
i’ cominciai questa nuova piena.
Speriamo invero che nessuno incòrra, in giusta e severa scomunica, per l’aver violato qui quella sacra metrica che da 700 anni riposa serena, e che abbiamo cercato di confinare in terzine da trentatré sillabe ciascuna. Omaggio e infinita reverenza alla potenza espressiva dell’Alighiero, che se avesse tenuto la nostra stessa lena, impiegata nello vergare questi pochi versi, avrebbe dato termine al suo capolavoro, approssimativamente, in quindici x 10 anni!
Il Dante – Patatine
Il Dante – Focaccia
Giovedì sera, nella valle dei mori.
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta;
La lince, la lussuria. Il Raschione Ettore, nella opulenta composizione dei suoi abiti firmati, attende pazientemente il Virgilio che lo guiderà a destinazione.
… ma non sì che paura non mi desse la vista che m’apparve d’un leone;
La superbia, la tracotanza, la protervia della 150cv di Jesus, rimbomba per le strade cittadine. Vedendola arrivare, il Raschione sinc’assiccada; a breve, la direzione sarà fissata verso i portici di via Santa Alenixedda (complesso Ormus), in Cagliari.
Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame;
Avaro di puntualità; l’asciutta e longilinea figura dell’Ing.Marrocu compare all’orizzonte, quando già il Raschione e Jesus, da non poco, siedono comodamente al tavolo, del ristorante “Il Dante”, seccatamente impazienti e … morendisì de su famini!
Dopo tanto attendere, finalmente, la ciccionata poteva avere inizio.
Il Dante – Scabecciu
Il ristorante “Il Dante” è caratterizzato da una ambientazione che potremmo definire di accennata ma non conclusa eleganza. I tavoli si distribuiscono su tre ambienti. Il primo si trova all’esterno, direttamente sulla passeggiata coperta mentre, volendo, ci si può accomodare in un grazioso cortiletto laterale (dal quale siamo rimasti lontani causa sinzulus!) oltre ché, ovviamente, nella sala interna. Le pareti e il soffitto di quest’ultima – dominata centralmente dal moderno bancone da Bar -, giocano con le tonalità del lilla chiaro e del bianco panna. Chiara è anche la pavimentazione, mentre i tavolini e le sedie sono in stile avveniristico-minimalista. Raffinati e d’atmosfera risultano gli scaffali retroilluminati all’angolo Est. La possibile signorilità della sala, viene però nel complesso mortificata dalle ampie aperture perimetrali, che di fatto creano una sorta di continuità spaziale con l’ambiente metropolitano esterno (compresi quindi graffiti e serrande chiuse). In questo caso un generoso impiego di tendaggi divisori potrebbe risolvere brillantemente il problema, una volta risistemati gli antiestetici frigoriferi distribuiti qua e là. Da segnalare infine, la sagoma cerata del Sommo Poeta, nei pressi dell’ingresso.
Il Dante – Linguine Cozze Arselle
Al contrario di quello che si potrebbe presumere, il “Dante” non offre una cucina tipica del ‘300, ma (a parte il profilo pizzeria/bisteccheria) l’impronta si delinea presto di stampo casalingo-casteddaia, principalmente espressa ai fornelli dalla suocera della titolare. Questa (la titolare), di recente rimpatrio dalla terra dei teutoni, è colei che serve in sala, che ci accoglie, che ci fa accomodare e ci erudisce sul fatto che il menù è mutevole giornalmente. Quasi ci intimorisce, infine, mettendoci in guardia sulla malsana abbondanza delle porzioni; ammonimento che si rivelerà fondato relativamente al solo primo piatto comune. Ordiniamo quindi antipasti e primi, riservandoci eventualmente l’onere di un successivo assaggio di secondi. Dalla carta dei vini, sufficientemente fornita, l’Ing.Marrocu sceglieva una (alla fine saranno due) ottima bottiglia di Vermentino di Gallura Superiore DOCG “Canayli”, della cantina Gallura”.
Il Dante – Gamberi arrosto
Il Dante – Calamari
La serata extra-mandibolare dei Burricchi è stata scandita da tre condizioni e avvenimenti di rilevanza particolare.
Primo. Sa pagu classi dell’Ing.Marrocu che, a un certo punto, ha sfoderato il suo fiammante tablet sud-coreano per seguirsi in streaming la partita del giorno.
Secondo. Lo stesso Marrocu, ha intrattenuto una lunga e inconcludente conversazione con la cameriera, sulla possibilità di andare a lavorare in Germania come aspirante assistente gelataio, con tanto di contatti vicendevolmente scambiati. Inconcludente perché, come ampiamente preventivato, l’ingegnere si trova ancora qui tra noi.
Infine, dobbiamo segnalare la presenza in sala di una minuta e austera (e probabilmente oriunda, dall’accento) Beatrice che, dapprima osservandoci insistentemente durante il nostro vagare, ci ha poi raggiunto con un: «io non mi sbaglio, voi siete degli intellettuali (ci ha proprio cassati in pieno, ndr.!)». Da qui una sequenza ininterrotta di surreali scambi di battute, a cavallo tra frasi solenni e attribuzione di giudizi «Lui (il Raschione, ndr.) sta sempre zitto, ma ci sta studiando», di racconti inverosimili, lezioni di vita e di rimproveri, che ci hanno impegnato in una interazione continua con l’anziana Signora (in particolare l’Ing.Marrocu), fino a vederla accomodarsi al nostro tavolo e infine sentirci chiedere di accompagnarla a casa!
Macedonia di fragole
Per tornare alla cronaca culinaria, gli antipasti sono partiti con una abbondante zuppa di cozze e arselle con pomodoro fresco e peperoncino, seguita poi da una esigua porzione (tanto da scatenare una controversia sulla divisione della polpa) di gattuccio di mare a scabecciu, patate fritte, focaccia con pecorino fuso e focaccia con olio d’oliva e origano.
Mediamente, possiamo giudicare la qualità dei piatti discreta ma non particolarmente esaltante, in termini di gusto e di presentazione.
Il Dante – Jesus & Dante
Buone invece le linguine in rosso, con pomodori cozze e arselle, come già accennato distribuite in quantità sesquipedale.
Dopo un intermezzo con pinzimonio di verdure (immancabile la lezione della Signora sulle qualità anti-ossidanti dei pomodori) arrivavano – intanto, precedentemente ordinati – i secondi: gamberi arrosto con condimento di radicchio, pomodoro, prezzemolo e limone, e calamari arrosto.
Infine i dolci: millefoglie con crema al limone e miele per il Raschione, macedonia di fragole e limone per il Marrocu. Sorbetto (forse) per Jesus.
La cena si concludeva quindi con due semplici caffè. Costo complessivo 40 euro cadauno (determinati principalmente da un sensibile sovraccarico sul vino), da giudicarsi un 15% eccessivo rispetto al giusto dovuto, in funzione della ambientazione e della qualità generale di cucina e servizio.
Punto di forza de “Il Dante” è senza dubbio l’atmosfera rilassata e familiare, che consente di passare delle serate all’insegna della piacevolezza informale. La cucina ha avuto qualche spunto positivo, ma a nostro avviso non supera comunque la soglia per conquistare l’ambito adesivo. Due burricchi.
VALUTAZIONE “Il Dante”: Due Burricchi. |
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Ristorante Il Dante |
Indirizzo: Via S.Alenixedda 111, Cagliari
Telefono: 07043261 [mostra in google maps]
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A l’alta burriccata qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio a quelle,
sì come la volta che mi scavò la fossa,
il piatto crudo di cozze e arselle.
che l’Iddio ci perdoni.
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giu
13
2014
Sa Furria – Esterno
Mia nonna, senza rifletterci, un tempo mi ripeteva:
«Su baddarincu. Poni mesu tottu nudda e furria».
Metti, mezzo, nulla, tutto… e ritorna.
La girandola della vita. Prendi, lascia, togli, afferra, vinci, perdi, mangia, digerisci e mangia ancora. Jesus, il Raschione Marrocu. Ieri, oggi, domani e sempre.
Ci vediamo, ci ritroviamo intorno a una tavola. Non è stabile, non è in piano, ma cosa in realtà lo è davvero; neanche la terra sotto i nostri piedi… Tanto vale aspettare che ci scivoli sopra qualcosa, rotolando dalla cima della collina fin qui. Dopo di ché, se la cena sarà soddisfacente, rotoleremo pure noi; sulla pancia, sulla schiena, avanti, indietro e furria.
Sa Furria – Olive bruschette
Non c’è burriccu più ignorante e ottuso, di quello che non sa tornare sui propri passi, rivedere le sue opinioni, recedere da posizioni di comodo e rinunciare ad orgogliose testardaggini per rendere omaggio alla verità, piuttosto che al proprio personale interesse. Pochi sono i virtuosi che possano vantarsi per tali qualità e beh, certamente non li troverete tra i molentis di questo blog.
Né qui troverete oggi romanzata una vicenda per la quale possa manifestarsi l’occasione di dimostrare virtuosismi di onestà intellettuale. Quasi logisticamente ci staremmo, oggi. La via Sassari, sentiero primario della ristorazione cagliaritana abbiamo bazzicato in lungo e in largo prima di oggi, negli anni passati. Ristoranti che un tempo v’eran ivi, più o meno bene da noi valutati, oggi non quisquiliano più.
Sa Furria – Antipasti
E’ il caso questo del ristorante che fu al civico 86, il “Bataclan“, uno dei primi che ha ospitato le ciccionate del Triumvirato, quando il Burriccu Pg non era stato ancora divorato dal demone della susunkaggine, quando l’Ing.Marrocu era un imberbe freelancer della ristorazione, non ancora integrato ed elevato al rango di Burriccu ufficiale.
Qui siamo ritornati ma l’insegna non è più la stessa. Ora c’è “Sa Furria”, ma il Bataclan in un certo senso è ancora lì, negli interni e negli arredi, che notiamo identici alla precedente gestione (e che quindi non ri-descriveremo), nel nome vergato sul menù, nell’atmosfera che sa di via Sassari. Qualcosa di diverso c’è, a partire dal gazebo esterno che ci accoglie, piacevolmente in una calda domenica primaverile, nonostante il via vai di persone alle nostre spalle e le macchine che circolano a un metro di distanza. C’è di nuovo anche il personale. Ricordavamo una sobria signora a quel tempo. Oggi invero ci accoglie un volenteroso cameriere oriundo tuttofare che, nonostante le apparenze, svolgerà più che dignitosamente il proprio compito, dimostrandosi gentile, puntuale e sufficientemente attento. Aiutato, c’è da dire, dal fatto che nel locale, per buona parte del tempo, eravamo presenti solo noi.
Zuppa di cozze
Polpo alla diavola
Dignitosamente il suo compito non lo svolgerà, ahimè, la 150cv, inizialmente deputata al traghettamento di Jesus e del Raschione, poi messa in garage per l’improvviso danneggiamento del radiatore .
L’ingegner Marrocu, irriducibile promotore della industria teutonica, con serafica supponenza dichiarava: «non voglio neanche affrontare l’argomento!».
Responsabilità maggiore va attribuita però a quel c… di marciapiede e relativo scivolo con pendenza del 50%, sulla via del garage di Jesus.
Ad ogni modo, sostituita la vettura con la nuova quasi-100cv del Raschione, nessun sensibile ritardo è stato accumulato, anche grazie ad un imponderabile colpo di fortuna del medesimo Burriccu, che riuscirà a farsi varco tra le sature strisce blu di Piazza Yenne. Alle ore 21.02, come concordato, i burricchi erano comodamente seduti nello spazio esterno del ristorante, e consultavano il menù.
Sa Furria – Tagliolini agli scampi
E’ facile la composizione della nostra cena. Il menù è ben dettagliato, ma non tutte le voci saranno disponibili, almeno non con ingredienti freschi. Ordiniamo gli assaggi di mare, che nella serata comprendevano quattro portate fredde e due calde. Ancora prima, nella breve attesa che ha preceduto l’arrivo delle prime pietanze, siamo stati intrattenuti da buone bruschette all’olio e da delle classiche olive in salamoia. Non si tratterà di piatti particolarmente elaborati, ma una serie di specialità della cucina cagliaritana (nota: il sito web riporta la possibilità di gustare pietanze finanche calabresi, indiane o bengalesi, che comunque non abbiamo notato), complessivamente, di discreta fattura. Il vino che le ha accompagnate è stato un ottimo Vermentino di Gallura Superiore DOCG “Canayli”, della cantina Gallura. Nell’ordine arrivavano al nostro tavolo: carpaccio di tonno fresco con rucola, olio e pepe; insalata di mare, con gamberi, polpo, seppie, olive nere sottolio e pomodoro ciliegino; carpaccio di sardine con olio, prezzemolo e peperoni, su letto di radicchio; sardine fritte impanate con radicchio e limone. Questo relativamente ai piatti freddi. Quelli caldi erano polpo alla diavola (nel menù indicati come moscardini al pomodoro piccante) e zuppetta di cozze, entrambe con un sugo assolutamente di tutto rispetto, probabilmente l’elemento più positivo di tutta la cena, tanto da innescare una forte competizione tra Jesus e l’Ing.Marrocu a colpi di bruschetta, per l’ultimi assaggio di scarpetta!
Sa Furria – Risotto ai frutti di mare
Buoni i primi. Scenografici tagliolini agli scampi, con prezzemolo e pomodorini per Jesus e l’Ing. Marrocu – con forse il crostaceo un po’ troppo cotto -, risotto ai frutti di mare (gamberi) per il Raschione.
Qui finiva la cena di Jesus, che rinunciava al secondo («magari assaggio quelli degli altri»), ricevendo subitamente il generoso apprezzamento da parte dei propri commensali: «col cazz…!».
Il Raschione optava per un piatto di tonno cotto alla piastra con granella di mandorle (inizialmente il cameriere dichiarava non fossero disponibili, ma è stato presto smentito dallo chef), visivamente una sorta di tataki molto cotto. L’Ing. Marrocu si deliziava invece con un filetto di orata cotta al forno, alla vernaccia, condita con prezzemolo e olive verdi. Devo dire che, nonostante l’apprezzamento dell’Ingegnere, all’assaggio Jesus l’ha trovata altresì apprezzabile ma non esaltante.
Sa Furria – Tonno
Sa Furria – Orata
Infine i dolci. La scelta per Jesus e Marrocu è ricaduta sulla frutta. Ananas per l’Ingegnere, melone per Jesus («dov’è il sale?»). Anche qui discorde l’opinione dei due burricchi, con un Jesus possibilista e il collega: «si vede che di melone non ci capisci nulla».
Il Raschione invero non rischiava, lanciandosi su un classico tiramisù della casa.
Niente caffè né amari, la ciccionata si concludeva qui. Costo totale, 38 euro cadauno, da giudicarsi un 15% superiori al giusto dovuto, in funzione di una cucina onorevole, ma senza menzioni particolari.
Sa Furria – Tiramisù
Sa Furria – Melone
Sa Furria – Ananas
Sa Furria è un discreto ristorante, che esprime una cucina semplice a tratti piacevole, senza però note di particolare rilievo. Comunque da non disdegnare, anche in virtù dalla atmosfera rilassata ed empatica creata dal personale. Due burricchi.
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mag
16
2014
Tricoli – Interno
Un’altra punta, un altro monte. Giù verso le colline c’è Gairo a Sud-Ovest, Lanusei a Est. Le vie sono impervie e selvagge, la natura rigogliosa e ostile. Qui sulle vette, nelle giornate limpide, riusciamo a scorgere il Tirreno; Apeliote arriva portando con sé il suo profumo e ipnotizza il nostro passo. Ancora due giorni di errare e saremo a destinazione. Durante il cammino la mia mano aperta accarezza il corbezzolo, il mirto, il lentisco. Gli aromi intensi della terra tradiscono il rigore rigido della roccia, la brezza al crepuscolo mescola il grugnito dei cinghiali al richiamo lontano dei gabbiani. Gea è la nostra casa, e qui vagheremo e torneremo per mille anni ancora.
Tricoli – Antipasti
Si appropinquano Jesus e il Raschione Ettore, verso il geometrico punto di raccordo tra la via Baylle e Via Savoia, nel quartiere “Marina”, in Cagliari.
L’intersezione ad angolo acuto, tra le due Vie, crea un piccolo slargo triangolare, che ospita la statua in tufo di S.Agostino, e si apre alle sue spalle con la facciata frontale del ristorante “Tricoli”.
Prospetticamente celato dietro il Santo, compare infine la longilinea figura dell’Ing.Marrocu, che già da qualche minuto attendeva i colleghi burricchi nei pressi dell’ingresso del ristorante. Ancora un minuto di ritardo e il puntiglioso Ingegnere avrebbe provveduto a inviare i suoi insulti, per mezzo del suo popolare Samsung Galaxy.
Tricoli – Crostini
Zuppetta di Cozze
Il locale, di recente ristrutturazione, al suo interno è splendido. Articolato su due ambienti contigui, è quasi interamente rivestito da mattoni in pietra e caratterizzato da archi e ruvide volte a crociera. Completano l’arredamento lampadari a goccia simil-cristallo, eleganti ornamenti alle pareti, un bancone a cavallo tra le sale e mobilia minimalista, con tanto di tovaglie plastificate; di quelle che potete trovare nelle vostre cucine, per intenderci. A prescindere dalla validità dell’idea di fondo, per questo ultimo aspetto personalmente avrei evitato di utilizzare temi e fantasie non in linea con l’ambientazione, ma comunque l’effetto finale non è spiacevole.
Tricoli – Tagliatelle all’astice
Diciamo subito, quello che ci ha lasciato perplessi durante la serata trascorsa al Tricoli (al netto di un breve black-out occorso a metà ciccionata) è che, a dispetto di un numero considerevole di camerieri – buona parte dei quali in tutta evidenza ben preparati e desiderosi di compiere al meglio il proprio lavoro -, il servizio ha drammaticamente difettato in ordine ad un serio e sistematico coordinamento centrale, tanto da cagionare una serie di asincronie e imperfezioni durante tutto l’incedere della cena; errori non facilmente giustificabili per un locale che aspira ad essere di livello. Come presto vedremo, tali imperfezioni fanno da contraltare a una cucina che, a parer nostro, si dimostrerà di ottimo livello.
Tricoli – Risotto gamberi porcini
Al nostro arrivo una graziosa cameriera oriunda, richiamata da un ragazzo al bar, ci conduce al nostro tavolo che, dopo esserci accomodati, si paleserà essere quello sbagliato. Concluso finalmente l’accomodo, prendiamo confidenza con il menù, stampato in modo provvisorio e approssimativo, data la recente apertura. Ordiniamo velocemente gli antipasti, ma dobbiamo giocoforza rimandare la cernita del vino. La carta, arriverà infatti con colpevole ritardo, al pari del vino stesso dopo le prime portate, nonostante il prodigarsi dei camerieri. Ad ogni buon conto il nettare, naturalmente scelto dall’Ing.Marrocu, era un ottimo Vermentino di Gallura superiore DOCG “Monteoro”, di Sella&Mosca.
Tricoli – Grigliata mista
Gli antipasti, un misto di terra e di mare, esordivano con un tagliere di salumi tipici ogliastrini: prosciutto crudo, salsiccia sarda, coppa di maiale e testa in cassetta. A parte quest’ultima pietanza, personalmente non particolarmente amata da Jesus, dobbiamo valutare molto positivamente la qualità dei salumi, così come l’eccellente polpo con patate e bottarga e l’insalata di mare che è seguita. Quest’ultima era evidentemente composta con ingredienti freschi (prevalentemente cozze e seppie), non congelati, difficilmente individuabili nella media delle insalate di mare che di sovente possiamo apprezzare nel cagliaritano. Stesso discorso per il guazzetto di cozze in bianco: buonissime, tanto che le avrei lasciate cuocere un minuto di meno per esaltarne il già delizioso sapore di mare. Degni di nota anche i crostini con crema di pomodoro e peperoni, presentati già prima degli antipasti per spezzare la fame in attesa dell’esordio.
Tricoli – Crostata di mele
Tutto genuino e gustoso, quindi, anche se non particolarmente originale e accattivante dal punto di vista della presentazione. Anche i primi si confermano decisamente positivi. Il Raschione e l’Ing. Marrocu ordinavano un risotto con gamberi e funghi porcini, mentre Jesus si lasciava conquistare da un piatto di pericolosissime tagliatelle all’astice. Pericolosissime in termini di rischio per la incolumità degli indumenti dei propri commensali. Il cameriere, intuendo la molesta bellicosità di Jesus, con tanto di bavaglino al bavero («mi parisi Alberto Sordi») preventivamente dotava il medesimo di una quantità industriale di salviette umidificate. Che l’Iddio possa rendergliene merito.
Tricoli – Macedonia
La pietanza più significativa della serata, è stata però la sontuosa grigliata mista di pesce, dall’aspetto vicino alle grandi “parrillade” catalane: aragostelle, scampi, gamberi, seppie e un’orata alla griglia. Oltre che gustosa, certamente fuori misura, se relazionata alla richiesta di piccolo “assaggio” da parte dei già satolli Burricchi.
Spazio però rimaneva ancora per i dolci. Jesus e il Raschione decidevano di deliziarsi con una buona crostata di mele, mentre l’Ing. Marrocu si “accontentava” di una semplice macedonia di frutta con ciliegie, fragole, kiwi e mele.
Anche qui dobbiamo registrare qualche problema nella richiesta di abbinamento del dessert ad un vino passito. Gli ottimi “Angialis” di Argiolas, arriveranno anch’essi in ritardo, tanto che l’Ing. Marrocu aveva già terminato la sua macedonia.
La cena si concludeva quindi con dei caffè e due rum, – Mathusalem per il Raschione e Ron Zacapa 23 per Marrocu -, neanche a farlo apposta arrivati in ritardo. Costo della serata 39 euro cadauno, da giudicarsi congrui.
Il Ristorante Tricoli si presenta con una ambientazione accattivante e piacevole, ideale per serate romantiche o all’insegna della convivialità. Ottima la cucina, anche se non particolarmente originale. Nonostante la buona volontà, il servizio si è dimostrato totalmente privo di un coordinamento. Complessivamente e mediamente, tre burricchi meno meno.
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