Ristorante Dal Corsaro – Cagliari
Cagliari, ore 13.10. I Triumviri storici Jesus e Raschione Ettore si dirigono celermente al luogo fissato per il rendez-vous. Ad attenderli il terzo neo Triumviro ufficiale, Dott.Ing.Marrocu.
Jesus cerca di contattare il quarto ospite, aggiunto per questa giornata, il burriccu Pg, un tempo Triumviro, ormai degradato al ruolo di occasionale comparsa.
Il burriccu, dopo aver dato la sua disponibilità, sembra essersi oscurato: non risponde ai messaggi, il telefono è spento. Data la lunga frequentazione ed esperienza con i susunki, Jesus ne conosce bene la psicologia di base; inizialmente accettano con entusiasmo una proposta o un invito poi, con l’approssimarsi della spesa, inizia a prevalere in loro l’istinto di conservazione economica…
… Se non sono abbastanza scaltri da escogitare una scusa per liberarsi dall’impegno, a quel punto evitano di farsi rintracciare, salvo dopo redarguire la controparte di non essersi fatta sentire in precedenza. Motivo per il quale, i due malpensanti burricchi escogitano un piano d’azione per intercettare il soggetto all’uscita dal corso CISCO, ed inchiodarlo al legno delle proprie responsabilità.
Con loro profonda sorpresa, in realtà il burriccone li attendeva nel luogo dell’incontro, con l’obsoleto telefono miseramente scarico; l’Ing. Marrocu li avrebbe invece raggiunti di lì a poco.
Ancora Pg non conosceva la destinazione, scelta giustappunto dai Triumviri per onorare la sua presenza: ristorante “Dal Corsaro”, uno dei più rinomati – e cari, questo è il motivo della scelta! – della Cagliari bene. Appena realizza di tale perfido disegno, Il burriccu sbianca in volto ma non fa una piega, trattiene in gola le sue emozioni ed evita di lamentarsi, sapendo quale ondata di schernimento l’avrebbe altrimenti raggiunto. Vedremo che non sarà il solo episodio di arginamento delle proprie emozioni, in questo pomeriggio.
Ed eccoci quindi varcare la soglia del “Corsaro”, e venire gentilmente accomodati ad un confortevole e spazioso tavolo rettangolare.
Gli arredi del locale, particolarmente sobri e al contempo eleganti, ci ricordano una sala da tè dell’aristocrazia di inizio ‘900. In quest’ottica stilistica, non stupisce il fatto che la sala principale sia piuttosto ampia, ma il numero di coperti non eccessivo, tanto che l’ambiente risulta ben lontano dall’essere opprimente e caotico. Un raffinato lampadario in ferro pende dal soffitto mentre, posti a decoro alla luce di una finestra aperta, notiamo le cornici di numerose onorificenze e premi guadagnati di recente dallo chef. Il servizio, garantito dall’unica carinissima cameriera (più che sufficiente per il numero esiguo di avventori), ci é apparso subito eccellente in termini di disponibilità, efficacia ed empatia, profusa nei confronti dei burricchi che cercavano, con ogni sorta di goliardica interazione, di scardinarne la adorabile compostezza professionale, tracimante di più informali e deliziosi sorrisi. Impagabile!
Come stuzzichino iniziale, ai Donkeys viene offerto un vassoio di raffinate prelibatezze di pane: focacce, grissini aromatizzati, panini con cipolle, tutti veramente gustosi ed adeguate per aggredire la fame, nell’attesa dei concordati assaggi di antipasti, scelti da un menu abbastanza ricco, finanche di eleganti contorsioni linguistiche quali:
“Per garantirvi la massima freschezza e sicurezza dei prodotti molto delicati ad alta deperibilità utilizziamo tecniche di conservazione a temperatura negativa“.
Veniamo dunque a descrivere gli antipasti, serviti in raffinate porcellane o cristalli, che venivano sostituiti singolarmente ad ogni portata.
Iniziamo con un ottimo polpo arrosto, accompagnato da “salsa al lemon grass e pomodorini appassiti”, decorati con finocchietto e crauti.
Seguiva un saporitissimo involtino di triglia, con salsina e scorze di arancia, finocchietto, broccoli e carciofini saltati in padella, il tutto decorato con scenografiche gocce d’aceto balsamico.
Ancora ci veniva servito una tradizionale fantasia del celeberrimo prosciutto di Villagrande, impreziosito da spezie aromatizzanti e accompagnato da due appariscenti (ma, a dire il vero, dal sapore piuttosto anonimo) gnocchi fritti.
Infine, per concludere gli antipasti, ecco uno splendido piatto con specialità crude: tonno, pesce spada, gamberi, gianchetti, sardine, il tutto sapientemente acceso dal sapore dell’aceto balsamico, da pomodorini tritati, varie spezie e salsine, tra le quali il famigerato “Guacamole” (in realtà wasabi, vedi nota di Gianni ndr.), a base di avocado, di origine Atzeca e dalle proprietà termodinamiche prossime a quelle di una fiamma ossidrica.
Il goliardico Ing. Marrocu, invitava con una certa insistenza il buon Jesus ad assaggiarne una abbondante porzione, ma rimaneva stupefatto dal notevole autocontrollo del vostro amato che, una volta messa la salsa in bocca, non batteva ciglio e anzi commentava con un laconico: «buona».
Terminati gli antipasti, che nonostante l’aspetto da “nouvelle-cuisine” delle porzioni, avevano già piuttosto riempito i Triumviri ufficiali e l’ospite annesso, si poteva passare al primo piatto, scelto medesimo da tutti i commensali: risotto ai gamberi e limone.
Sulla qualità di questo piatto ci sarebbe un attimo da discutere. La scorza di limone triturato che condiva il riso andava a ripescare, nella sorgente mnestica delle idee di Jesus, alcuni ricordi d’infanzia relativi alla preparazione delle torte cucinate in occasione delle ricorrenze familiari; le teglie e gli strumenti di cucina che il micro Jesus andava ad assaporare in queste occasioni, avevano lo stesso sapore. D’altro canto dobbiamo sottolineare che, nonostante il gusto complessivo apprezzabile, tale condimento contribuiva a rendere il riso piuttosto farinoso e pesante, tanto da rendere impossibile ai commensali proseguire con un secondo piatto. I burricchi passavano quindi direttamente al dolce.
Il buon Jesus preferiva andare sul leggero, ma non in termini alcolici, dato che comandava un sorbetto al limone preparato con vodka, accompagnando la comanda alla capricciosa richiesta di poter (forse perché trascinato dalla regressione infantile precedente) usufruire di una comoda cannuccia, che permettesse di compiere il minor sforzo possibile nel consumare il dessert, in virtù di un occasionale ma antipatico problema muscolare.
La solerte cameriera, intuendo il valore psichiatrico dell’istanza, si premurava di servire il buonissimo sorbetto, accompagnato a due splendide cannucce rosa/celeste – maschietto/femminuccia, tanto da strappare a Jesus un commosso e sentito ringraziamento.
Gli altri tre commensali volgevano invece il loro interesse su di un Cannolo con crema di ricotta, zafferano e mandorle caramellate, ben apprezzato da tutti ad eccezione del Raschione Ettore, che lamentava la non eccellente qualità del ripieno. Da segnalare inoltre che, prima del dessert, ai burricchi è stata gentilmente offerta una ottima granita speziata, dal potere fortemente digestivo.
Infine i quattro decidevano di concludere il pasto, senza ordinare il caffè finale, perché l’Ing.Marrocu proponeva di degustarlo in un locale poco distante, di cui ben conosceva e apprezzava il barista.
Il costo complessivo, comprensivo di due bottiglie di ottimo vermentino “Costamolino” DOC delle cantine Argiolas, è stato di 57€ cadauno.
La qualità del servizio è stata eccellente, la ricercatezza e presentazione dei piatti è sicuramente d’alta scuola, anche se occasionalmente i gusti personali hanno condotto a una inevitabile divergenza di giudizio. Il prezzo pagato, comunque, ci è sembrato una quindicina di euro superiore all’equo ideale, a prescindere dalle numerose decorazioni vantate dallo chef.
Ciò nonostante, questo non ha impedito ai burricchi di elargire un cospicuo riconoscimento economico alla meritevole cameriera, di cui ahimè abbiamo mancato di carpire il nome.
VALUTAZIONE “Dal Corsaro”: Tre Burricchi con menzione speciale. | |||
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Ristorante Dal Corsaro |
Indirizzo: Viale Regina Margherita 28, Cagliari Telefono: 070664318 [mostra in google maps] |
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10 ott 2010 alle 18:58
Condivido tutti i punti di vista e ribadisco: risotto dai troppi sapori e dessert dal ripieno eccessivamente pesante.
Menzione speciale per la cameriera, carina ed elegante.
Non commento il prezzo perchè sapevamo già essere condizionato dal nome storico del locale.
17 giu 2011 alle 11:36
Permettetemi alcune considerazioni su questo ristorante, davvero nome storico per la ristorazione cagliaritana. Avrebbe bisogno di una rinfrescata, mi riferisco al locale in sè e alla gestione del servizio in sala, un po’ troppo ingessato. Lo chef Stefano Deidda ha grandi qualità e ottima preparazione, personalmente credo che ancora qualche anno in giro per i grandi ristoranti d’Europa gli avrebbero regalato quel tocco in più che ancora manca. Ma ripeto, è uno dei più talentuosi in Sardegna e il futuro è suo, vista l’età. Per quanto riguarda il prezzo, bisogna tenere conto del nome, della qualità delle materie prime, dell’ottima (e impegnativa) carta dei vini e del servizio, che per quanto eccessivamente formale è senza dubbio di livello. Infine una domanda, ma siete sicuri che quello che nell’articolo chiamte guacamole in realtà non fosse della pasta di wasabi?
19 giu 2011 alle 11:37
gentilissimo Gianni! complice l’omissione di dichiarazione degli ingredienti da parte del cameriere, nonchè le molto simili proprietà di piccantezza dei due famosi condimenti, probabilmente ci siamo fatto trarre in inganno dalla pigmentazione della salsa, e dalla maggior diffusione della seppur meno nobile e ricercata come ingredienti salsa guacamole. Ragionandoci su in effetti a tale cruditè sarebbe stata più consona la pasta wasabi, per cui convergiamo sicuramente nella sua osservazione e provvederemo quanto prima a correggere tale imprecisione.
15 feb 2013 alle 21:02
Talvolta non capisco le vostre recensioni. quanto meno non capisco come si possano dare tre burricchi al Corsaro e 4 all’Hybiscus. Certo dipenderà dalle differente esperienze, le mie e le vostre. Capisco che un piatto possa non incontrare al 100% il gusto di chi lo assaggia ma dovrebbe essere in ogni caso palese la qualità intrinseca del piatto. Le mie due esperienze al Corsaro seppur mai perfette come mi è successo da Andreini o da Roberto Petza al lirico sono state comunque incredibilmente superiori a quanto propinatomi dallo chef dell?hybiscus, sia per gusto che per qualità (infima nel secondo caso). Non contesto la vostra esperienza ne ho mai avuto modo di assaggiare il risotto tuttavia non mi capacito della differenza fra i locali che porto in questo caso ad esempio.
15 feb 2013 alle 22:51
Come hai detto le nostre valutazioni vengono espresse in funzione della esperienza particolare senza avere la pretesa di essere giudizi assoluti. Può capitare infatti, di trovare la giornata “no” per la cucina e attribuire un valore inferiore a quello che avremmo dato in qualsiasi altra giornata, o viceversa. Nella fattispecie però, prendendo in esame l’Hybiscus, ti faccio notare che, al di là dei burricchi assegnati, il cuoco Nino Figus, al pari di Petza è uno dei cuochi sardi più apprezzati e con maggiore esperienza internazionale.
03 apr 2013 alle 21:29
Evidentemente Il Sig. Figus, la sera in cui ho avuto occasione di cenare all Hybiscus doveva aver avuto un’amnesia. Il primo antipasto, una sorta di bicchierino di era un qualcosa di sapore incerto, quando l’ho portato al naso per cercar di capire con l’olfatto ciò che non era comprensibile dal gusto ho seriamente rischiato di star male. La puzza era nauseabonda. Le polpettine di mare erano senza infamia e senza lode. I cubetti di mortadella hanno toccato il minimo. Del resto ho rimosso completamente il tutto. Vogliamo poi considerare l’intonaco che cade a pezzi? il televisore acceso durante la cena? (era un cenone di capodanno l’unica serata in cui NON puoi sbagliare. Pur rispettando la vostra esperienza, personalmente lo metto all aprai di “ci pensa Cannas” Pessima trattoria della marina. Petza è un altro pianeta. Idem per Andreini, Semplicemente, Pomata, Il Giamaranto e Sabino Cangialosi a SS ecc ecc ecc.
03 apr 2013 alle 21:51
Recentemente abbiamo avuto modo di tornare all’hibiscus per una cena di carattere personale, che ci ha ancora più impressionato della prima esperienza, tanto da limare ulteriormente e verso l’alto il nostro giudizio. Tra l’altro il curriculum prestigioso e internazionale di Nino Figus è un dato oggettivo incontrovertibile; senza la pretesa di convincere nessuno, e non dubitando della sua buona fede, devo ipotizzare che la sua esperienza possa essere stata un episodio occasionale e accidentale.