Ristorante San Crispino – Cagliari
Giust’appena ripreso un apprezzabile equilibrio psico-motorio, a seguire i bagordi di questa ultima ciccionata, e senza indugiare oltre nel tempo, per esigenze diplomatico-sentimentali, a tracciare il nuovo dissestato sentiero, del nostro lungo e interminabile cammino, ora m’accingo.
Il Corso. Immobile e acceso di spenta frenesia, si trascina veloce da Piazza Yenne, fin giù verso il Viale Trento, irrompendo nell’anima e nel cuore di “Stampace”.
Una strana e feroce maledizione tradisce la sua sponda Ovest, dirimpetto a un concentrato di boccacceschi anfratti, che nascondono veri tesori della cucina nostrana. Nonostante questo, su tale sponda, oggi speranzosi ci affacciamo.
Sabato, ore 12.57. Jesus e il Raschione Ettore, guidati e condotti dal loro agile e imponente 150 alberi, audacemente navigano verso la loro destinazione.
Al loro approssimarsi, la seconda terribile maledizione, che a qualunque vela sul Corso impedisce un rapido e dignitoso approdo, subitamente si dissolve.
Jesus: «Toh, questo se ne sta uscendo, parcheggio qui…»
Ettore: «No, pitticcu su c….!»
Alle ore 13.00, i due puntualissimi Burricchi attendono impazienti l’arrivo del terzo Triumviro ufficiale, Ing.Marrocu, giusto di fronte all’oggi recensendo ristorante. Dal loro punto di osservazione, incrociano lo sguardo della cameriera protagonista della ciccionata scorsa, che fugacemente loro sorride. “Su Caboniscu” è da lì pochi decametri distante.
San Crispino. Santo protettore dei calzolai, evangelizzatore e martire – parimenti al fratello Crispiniano – al tempo di Massimiano. Il Ristorante che visitiamo è lo storico locale a lui dedicato. Non molti mesi orsono, i Donkeys hanno visitato il medesimo anfratto, che per un breve periodo ha avuto diversa gestione e denominazione (Terre d’Ogliastra, una non felicissima alimentare esperienza). Sullo stesso tema marinaro, oggi sviluppiamo e improntiamo questo nostro “déjà vu“;
regressione decisa e imposta, come altre volte è capitato, dal maldestro algoritmo di selezione del Raschione, tanto chimerico quanto spesso ahimè insensato: burriccu!
Nonostante le imponderabili impressioni del Raschione, l’interno del ristorante non appare cambiato dopo il cambio di gestione: medesimi toni dell’arancio e del bianco alle pareti, stesso altarino dedicato al Santo, medesima disposizione dei tavoli nella sala. Forse qualche diverso decoro e suppellettile, un più apprezzabile utilizzo dell’impianto di climatizzazione, e più ordine e pulizia generali. Nota negativa, invero, l’abuso e la violenza di due rumorosi TV LCD, piuttosto distanti e non coordinati nella loro sintonia, tanto da creare insofferenza e fastidio per chi, come i Donkeys, venivano accomodati esattamente nel punto mediano tra i due, su una sorta di piccolo soppalco laterale in legno, il cui dislivello ha cagionato non pochi problemi all’Ing.Marrocu e a Jesus, i quali
– rispettivamente, da sobrio e da ubriaco – vi sono, platealmente, “imbrucchinati” addosso.
Il servizio in sala è garantito da due giovani camerieri/gestori, non particolarmente esperti ma affabili e gentili: uno più mite e rilassato, l’altro più energico e spigliato.
Dopo un rapido sguardo al menù, chiediamo di esordire con un assaggio di antipasti di mare, cosa che puntualmente ci viene concessa. Sul principio, non ci è invece possibile ordinare il vino, per un accidentale difetto di spedizione e consegna delle bevande. Il “nettare” bianco «della cantina di Monserrato» propostoci (e inizialmente accolto), è stato prontamente rimandato al mittente con disamore, appena dopo il primo assaggio. A quel punto, il cameriere più intraprendente, si è prodotto nella lodevole iniziativa di “rubare” qualche bottiglia al ristorante vicino, finalmente consentendo, agli esigenti burricchi, di deliziarsi con un ottimo vermentino “Is Argiolas” D.O.C., delle cantine Argiolas.
Sulla tavola dei burricchi arrivava, dopo una non molesta e misurata attesa, un assortimento di sette differenti pietanze, il cui apprezzamento è un chiaroscuro (a dire la verità più scuro che chiaro) di contrastanti sensazioni: dozzinale insalata di mare, con surimi, gamberetti, cozze, seppie, olive e peperoni (eccessivamente condita d’olio e dal sapore tutt’altro che trascendente), guazzetto di cozze alla marinara con pane grattato (non bellissime da vedere ma abbastanza buone), discutibile salmone affumicato con aceto balsamico (sarebbe stato una buona base per un antipasto più articolato), gamberetti fritti (assolutamente insapore), buono scabecciu di sardine, discreti gamberetti in salsa rosa (discreti per Jesus, pessimi per l’Ing.Marrocu). L’ultimo antipasto che citiamo, è un abbondante piatto di mangiatutto fritti, la cui censurabile quantità (“mazza brutta!”), prontamente segnalata al cameriere, è stato oggetto di interesse ed esplicita recriminazione da parte dei burricchi:
«Scusi, ma dove li ha presi questi?» … «Alla METRO». Beata ingenuità!
Apprezzabile, invero, il primo piatto: buone tagliatelle “San Crispino”, con cozze, gamberetti zucchine e pomodorini.
La grigliata mista richiesta come secondo – accompagnata da cruditè di verdure con finocchi, sedano e pomodori -, è stata positiva per un terzo, nella fattispecie per i buoni calamari arrosto, piuttosto che per la spigola e l’orata presenti sul piatto, dalla cottura approssimativa (in particolar modo la spigola era approssimabile ad un carpaccio di spigola!) e dal sapore più che discutibile.
I dessert, seguivano la stessa falsariga: buono il crème caramel assaggiato da Jesus (e successivamente dall’Ing. Marrocu), da dimenticare il millefoglie al cioccolato del Raschione e il sorbetto al limone del Marrocu.
Di comune accordo il pranzo si concludeva qui, per consentire ai Donkeys di degustare il caffè e gli ammazzacaffè più tardi, dopo una breve passeggiata ristorativa lungo il Corso stesso. Prezzo finale dell’esperienza, 37€ cadauno, da giudicarsi un 20% eccessivo, rispetto alla qualità complessiva di cucina e servizio. Per dovere di cronaca, segnaliamo una mancia di 6 euro e 20centesimi, e lasciamo a voi immaginare chi, fra i tre, abbia elargito i venti centesimi!
A prescindere dalle passate vicissitudini, il Ristorante “San Crispino”, nonostante si esibisca da parecchi anni sul palco della lussuria alimentare, sembra peccare di alcuni (più o meno gravi) difetti di gioventù, che possiamo individuare nella organizzazione generale, nell’approvvigionamento delle materie prime (sarebbe utile sondare nuove vie per le forniture del pesce fresco) e in una cucina non particolarmente fantasiosa e brillante.
Encomiabile, invero, la gentilezza e l’impegno dei giovani gestori (menzione speciale), che speriamo riescano a indirizzare il locale, di rinnovata recente apertura, verso più apprezzabili collocazioni, in seno alla ristorazione cagliaritana. Un burriccu con menzione speciale.
VALUTAZIONE “San Crispino”: Un Burriccu con menzione speciale. | |||
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Ristorante San Crispino |
Indirizzo: Corso Vittorio Emanuele II 190, Cagliari Telefono: 329 4444827 [mostra in google maps] |
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09 set 2012 alle 16:20
Come una mannaia che spacca il quartiere di Stampace tra le sezioni Stampace Alto e Stampace Basso, il centralissimo Corso Vittorio Emanuele si trova inconsapevolmente ad essere una mediana di separazione tre due diverse interpretazioni della ristorazione, almeno secondo la Nostra personale statistica, che promuove la parte alta e boccia la parte bassa.
San Crispino, patrono dei calzolai, sicuramente non di certi ristoratori che provano a celebrarlo intestandogli il nome del proprio esercizio, riservando all’interno persino una zona per il culto, al momento non è stato in grado di indicare la giusta strada ai titolari che si sono alternati alla guida dell’esercizio locato al civico 190 del Corso; dopo l’esperienza alle Terre d’Ogliastra la comitiva ainìna, per venire incontro alle esigenze di uno sfuggente Ing. Marrocu e a quelle dell’80% dei ristoratori cittadini, soffocati dalla crisi e per questo al mare, in un pomeriggio dal meteo favorevole, per intercessione del dio Bacco, si apprestava a valutare per la seconda volta il locale, fresco di cambiamento di gestione.
Per chi crede alla Sorte, possiamo dire che questa era stata fin troppo benevola con i tre somari, creando le condizioni per un facile accomodamento delle carrozze utilizzate per l’occasione, riservandosi il diritto di qualche scherzetto con l’evolversi della cerimonia.
Novità dell’esperienza l’assenza di un tavolo riservato alla celebrazione del rito della ciccionata, causa l’irreperibilità in rete di un qualche riferimento telefonico; il rischio di non trovare posto è subito scongiurato da una sala completamente vuota.
Apprezzabile la rinfrescata alle pareti e all’arredo della sala principale, molto meno la complicata sinfonia dei due televisori LCD sintonizzati su due canali diversi che ha parzialmente pregiudicato lo scambio di informazioni tra i tre Triumviri titolari.
Dopo aver visitato oltre 130 locali i Donkeys pensavano di aver provato qualsiasi esperienza. Nostro malgrado, non ci è mai capitato che ci dicessero: non abbiamo vino in bottiglia. Solo vino della casa. Grave censura, e scelta obbligata, scelta rispedita al mittente dopo un infelice rito dell’assaggio che il nostro Ing. Marrocu ha voluto comunque regalare, in tutta la sua inutile solennità, ai commensali. A parziale rimedio della inaspettata affermazione, un altro cameriere, decisamente più esperto, esce dal locale alla ricerca di una etichetta in prestito da qualche collega vicino. Soluzione questa, che sebbene poteva essere mascherata al nostro cospetto, rappresenta comuque il modo migliore di gestire una situazione difficile, viziata comunque dal difetto di non aver previsto un minimo di scorte in cantina.
Dopo la falsa partenza, la metafora dei burricchi Jesus e Marrocu che imbrucchinano nel piccolo soppalco in legno in cui è alloggiato il tavolo, si riflette nella qualità di un assaggio di atipasti misti di mare, tra i quali mi sentirei di salvare come sufficienti solamente i gamberetti fritti e le cozze alla marinara; notevole in negatività l’insalata di mare di chiara provenienza, per ingenua ammissione del caposala, senza alcun tentativo di migliorarne la presentazione l’impatto al palato dell’avventore.
Gradevoli, anche se privi di note di rilievo i primi piatti, mentre spprezzabile solo nei calamari arrosto è stata la grigliata mista. Infelice anche la scelta del dessert di chi Vi scrive: eccessivo tempo passato in frigorifero.
Encomiabile come sempre il tentativo di bilanciare il bis di dessert dell’Ing. Marrocu con l’esborso di circa un sesto del corrispettivo lasciato come mancia, in parti uguali, dai rimanenti commensali. leggi susunku!
In queste condizioni la sufficienza è ancora lontana, ma son d’accordo per una menzione speciale per la schiettezza del personale.
27 set 2012 alle 17:12
Ah San Crispino!
Ci andavo anni fa quando lo gestiva Salvatore. Mia moglie conosceva Salvatore fin da quando gestiva il locale poco distante dall’altra parte della strada. Faceva dei fritti misti di mare spettacolari e così lo seguimmo da S Crispino. Ci trattava benissimo in particolare con le portate di mare. Poi però, anche lui, cominciò cadere nel banale (poca e solita scelta), nella qualità (scarsa freschezza) e nella scorrettezza (niente ricevute piatti rimandati indietro perchè immangiabili per troppo sale messi in conto comunque) e così sperimentammo altri lidi. Cambiò la gestione, ci tornammo e fummo scontenti. Cambiò ancora la gestione (parlo di almeno 3 anni fa se non di più) e ci tornammo ancora: peggio che mai! Vino spunto sostituito con vino costosissimo, 1 ora d’attesa per avere il conto, dolci immangiabili. Mai più.
Sigh!! Rimpiango i bei tempi