Principi di Dan – Cagliari
I Principi di Dan, nome che trae ispirazione dal romanzo di Leonardo Melis, sempre abile nel proporre affascinanti reinterpretazioni della storia, erano gli
Shar-dana, i gloriosi antichi Sardi, che hanno spesso determinato le glorie degli eserciti degli antichi Egizi e condiviso i segreti dei figli d’Israele, stabilendo così un asse virtuale tra la nostra isola e la terra Santa.
Sabato 29 ottobre, ore 13:00: non è un caso che tre esemplari di raziocinio ainìno si ritrovino per il consueto rito settimanale nel quartiere storico Marina di Cagliari, nei pressi della Piazza San Sepolcro, e precisamente nella via Napoli, luogo di passaggio di turisti e di piriccocco esotico(cit.), in un’atmosfera che echeggia di gloriose avventure (dell’ Ing. Marrocu), allo stesso modo in cui gloriosa sarà l’ennesimo sacrificio culinario alla ricerca di sapori nuovi e antichi tra le mura cagliaritane.
Per dovere di cronaca dobbiamo segnalare l’inspiegabile ritardo del noto Triumviro Marrocu convinto, a suo dire di dover raggiungere il resto della carovana asinìna in un presunto poco rotondo orario delle 13:30: che Dio lo perdoni… Alle 13:15 il Triumvirato al completo varca i cancelli dell’altisonante locale.
Veniamo accolti da un corpulento cameriere, la cui fisicità ricorda proprio quella di un antico guerriero e veniamo fatti accomodare in una sala che ha le sembianze più un corridoio, spezzato nella lunghezza da volte a crociera, con le pareti rivestite di mattoncini, che ricordano la Metro londinese, illuminato con moderne luci d’ambiente e fari appesi al soffitto sopra eleganti tavoli in ferro battuto, approssimativamente apparecchiati con poco eleganti micro tovaglie di carta.
Così come l’omonimo romanzo riesce a suggestionare l’immaginazione del lettore e a insinuare il dubbio di biblici collegamenti tra la storia degli antichi guerrieri sardi e il regno d’Israele, allo stesso modo l’ambientazione e il personale riescono a creare un’atmosfera enigmatica per la quale i burricchi perdono il senso dell’ordine delle cose, soprattutto la differenza tra i vari tipi di portate che scandiscono i tempi di un pasto.
La soluzione proposta dal cameriere per il pranzo consta di un piatto composto di fantasie di terra, accompagnato da vino della casa ad un prezzo fisso. La proposta appare troppo poco copmplessa per i voraci Burricchi che chiedono ed ottengono un’integrazione di un tagliere di affumicati di mare.
Non ci viene proposta una vera e propria carta dei vini, ma solo del vino di proprietà di una cantina privata della vicina Quartu Sant’Elena, ottenuto da uva Cannonau, e nonostante ci sia stato assicurato di non provenire da alcuna cantina sociale, il sapore degli additivi sicuramente ha tradito ogni aspettativa di genuinità e gusto.
La fantasia di terra consiste in un assaggio di tre diversi tipi di pecorino di diversa stagionatura (ottimi), della ricotta affumicata (eccellente), della lonza di maiale(mustela) della pancetta e del prosciutto crudo, una piccola frittata di verdure (dal sapore non indimenticabile) e una piccola panada con patate, carciofi e carne di agnello (buonissima), il tutto disposto intorno a una ciotola di semplice ma molto saporita lattuga. Segnaliamo l’ottimo olio d’oliva Ghermanu dell’azienda agricola di tale Giuliana Puligheddu, più volte decorata con diversi premi internazionali per i propri prodotti.
Terminate le fantasie di terra i Donkeys passano ad assaporare i sapori di mare. Il passaggio non è garantito da un probabilmente più consono sorbetto al limone, ma da una meno comune varietà di salse da consumarsi con l’ottimo pane cifraxiu che chi vi scrive ha gradito assai: marmellata di peperoni, crema di carciofi, funghi sott’olio, pomodori secchi. Degna di nota solamente la crema di carciofi. I sapori di mare vengono presentati su un ampio tagliere diviso in tre zone: carpaccio di tonno, carpaccio di pesce spada e carpaccio di marlin, accompagnati da tre ciotole con fette di bottarga, alici sott’olio e una salsa non ben identificata dai vari sapori tra cui spicca quello delle cipolle in agrodolce.
Consumato a fatica il tagliere di affumicati, il cameriere ci propone come dessert un assaggio di dolci tipici sardi rivisitati con l’aggiunta di cioccolato bianco. Tra questi menzioniamo aranzadas, pabassinas, gueffus con glassa di mirto, bianchini e due dolci a base di noci.
Ha accompagnato quest’ultimo round un moscato dal colore e dal sapore non eccessivamente accesi, così come non abbiamo rilevato particolari note di merito nei dolci assaporati.
Il pranzo si è concluso con un costo pro-somaro di circa 24€ a testa, da ritenersi in generale adeguato per la quantità di cibo ingerito.
Possiamo definire i Principi di Dan una esperienza culinaria diversa dal comune pasto, particolarmente indicato per chi vuole assaporare i sapori dell’antica tradizione agro pastorale, in particolare de su smurzu, lo spuntino dei pastori di mezza mattina.
Troviamo invece difficoltà a inserirlo nella nostra classifica, in quanto lo riteniamo non classificabile nell’ambito della ristorazione classica, per l’oggettiva mancanza di una cucina capace di produrre pietanze calde, primi piatti soprattutto, nonostante l’offerta del maialetto arrosto che sempre è gradito ai turisti non isolani, ma allo stesso tempo riteniamo l’offerta del locale molto interessante, soprattutto occasionalmente, sia per la genuinità dei sapori, sia per la spesa contenuta, particolare questo che stimolerà senza dubbio l’interesse della parte più parsimoniosa dei nostri lettori.
VALUTAZIONE “Principi di Dan”: Burriccu ponpon. | |||
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Principi di Dan |
Indirizzo: Via Napoli 77, Cagliari Telefono: 0702047031 [mostra in google maps] |
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30 ott 2011 alle 18:16
Esperienza fuori dal cumune quest’ultima ai “Principi di Dan”. Fuori dal comune perché segna innanzitutto il raggiungimento delle ottanta ciccionate per il Donkey Challenge, traguardo di certo significativo.
Fuori dal comune perché vede, per la seconda volta, il Raschione Ettore cimentarsi nel pio esercizio della recensione, non breve e doloroso rituale di purificazione asinina; infatti, 10 anni!
Riguardo ai Principi di Dan, di cui più volte e univocamente abbiamo sentito tessere le lodi, mi sento di confermarle solo per metà, forse decretando un giudizio più severo rispetto al buon Raschione.
Eccellente e ben curata l’ambientazione, molto positivo il trattamento del personale dal punto di vista empatico. Nell’occasione il servizio era garantito da un energumeno di circa due metri, ma con affabilità e amichevolezza rare. Ben più “cirdini”, invero, i liniamenti sul viso del suo amico e collega, che maneggiava in cucina, e che ogni tanto si presentava dall’altra parte del bancone del locale, senza comunque interagire mai direttamente con i triumviri.
Ineccepibile e ricercata, senz’altro la qualità dei salumi e formaggi assaggiati, frutto di un preliminare lavoro di selezione. Meno positivo il tagliere di mare, forse non adeguatamente apprezzato, in virtù della copiosità degli assaggi precedenti. Quello che invece può lasciar perplessi è l’armonia complessiva dei sapori presentati sui singoli piatti unici, che rappresentano pur sempre degli antipasti piuttosto salati, integrati da tortini di per sé buoni e nutrienti, ma che alla fine non possono del tutto soddisfare tre integralisti ortodossi come i burricchi, allevati ad altri tipi di squisitezze e necessità alimentari.
L’espressione «lì dentro non c’è una cucina ma una salumeria» pronunciata dall’Ing.Marrocu a fine pranzo, è da ritenersi abbastanza ingenerosa rispetto all’atmosfera e all’attenzione comunque riposte nella presentazione dell’offerta culinaria del locale. Non giudicabile quindi, alla stessa stregua dei ristoranti “ordinari” fin qui valutati, da qui il neoburricchismo dei ponpon.
30 ott 2011 alle 19:23
Credo che l’attribuzione di un solo “Burricco” non renda merito alla genuinità dei piatti proposti.
La ragione è molto semplice: non si può utilizzare la medesima scala di attribuzione di merito utilizzata in sede di valutazione di Ristoranti veri e propri, con professionalità specifiche all’interno della cucina, per misurare le caratteristiche di un locale che offre un piatto freddo, costituito per lo più da salumi e formaggi, peraltro di ottima qualità.
Questo è spiegabile dal fatto che la valutazione complessiva si basa sull’analisi della relazione tra le variabili, non solo descrittiva, ma esplicativa. L’obiettivo è quello di verificare il grado, la direzione e la significatività della relazione tra più variabili continue. Questa tecnica di analisi richiede che si distingua tra variabili dipendenti ed indipendenti ; il modello si presenta sotto forma di sistema di equazioni che con un insieme di parametri collega un certo numero di variabili endogene dipendenti ad un certo numero di variabili esogene indipendenti e ad un insieme di termini di errore. Esclusi questi ultimi tutte le variabili sono manifeste. Per questo è praticamente impossibile attribuire una valutazione in BURRICCI al locale in questione che, di per se, meriterebbe ben maggiore apprezzamento. Un saluto.
30 ott 2011 alle 19:46
Caro Ingegnere, lungi da valutare le azzardate analogie basate su adulterazioni approssimative e piuttosto confuse di concetti dell’analisi matematica, vorrei farLe notare che il suo costrutto è complessivamente postulato su una sua osservazione errata. Quello che vede non è 1 burriccu, ma un BURRICCU PONPON, neologismo introdotto proprio per evitare di valutare il locale con lo stesso metro di giudizio finora applicato. Infatti non lo troverà integrato nella classifica generale, in attesa di allestire uno spazio apposito.
30 ott 2011 alle 21:49
A fortiori ratione, l’utilizzo del “burricco pon pon” come metro di valutazione, porrebbe i “Principi di Dan”, nel complesso, nelle condizioni di meritare qualcosa in più…
Detto ciò suggerirei di introdurre qualche artifizio grafico che sottolinei maggiormente la distinzione tra il glorioso, storico burricco, e il neonato pon pon, onde evitare erronee interpretazioni, anche da parte dei più sagaci, tra gli ormai numerosi lettori.
30 ott 2011 alle 19:54
Come al solito Dottore conferma la sua poca dimestichezza nel modellizzare matematicamente i problemi, ma apprezziamo comunque lo sforzo, invitandoLa a rivedere tralaltro qualche dettaglio ortografico.
30 ott 2011 alle 20:02
Ma che parola è “TRALALTRO”? lei è proprio un arrogante Somaro!!
30 ott 2011 alle 21:39
mi chiedevo tra l’altro che parola fosse: BURRICCI…
30 ott 2011 alle 21:51
Allora compri una vocale, risolverà il suo dilemma!!
30 ott 2011 alle 23:02
Vedo che se la cava bene anche con l’alfabeto, vocali, consonanti… deve aver studiato con Umberto Eco.
31 ott 2011 alle 01:43
Ma lei mi vuole snaturare la frase celeberrima “compro una vocale” che peraltro deriva dal suo gioco preferito, il RANDOM per eccellenza: la ruota della fortuna!!:D
Gliene dico un’altra:”Ma mi facci il piacere”…
30 ott 2011 alle 21:49
Non entro nel merito della liberta di critica o di giudizio,vorrei esaminare quella che è l’essenza di questo locale,essenza che va colta con diverse visite in differenti periodi.La mia prima impressione fu un po’ sconcertante,anche io pensai a dei vari antipasti,non gustai il tagliere di mare,lo ritenevo non compatibile con quello di terra.Trovai ottime le formagelle salate,le Asadinas,se non erro.Il vino lo scegliemmo noi,e la lista dei vini è la cosa che più mi ha stupito,superire a molti buoni “veri” ristoranti,con un ottimo rapporto qualità prezzo.Nelle sucessive visite ho cominciato a prendere confidenza con le peculiarità del menù.Finalmente mi sono resa conto che certi formaggi,non li avevo mai gustati,idem per certi salumi.Non ho ancora gustato il tagliere di mare perchè non amo l’affumicato,ma chi lo ha preso come tagliere unico ,lo ha gradito.Per concludere ritengo che il giudizio dato su i vini lasci molto a desiderare,bastava chiedere la carta,ma forse si è abituati al vino della casa,ma non dite che non esiste la carta dei vini,e certi giudizi sugli additivi,mi sembra fuori luogo,anzi laboratorio.Per finire i vini a calice mi sono stati serviti con bottiglie integre che poi hanno lasciato sul tavolo.Non è un Ristorante tradizionale,ma fanno una ristorazione ottima.AXA.
30 ott 2011 alle 22:56
Vorrei ricordare che questo ottantesimo articolo del donkechallenge, così come quelli che lo precedono, è una recensione. Lo scopo non è tanto quello di formulare un giudizio, che per forza di cose sarà condizionato all’esperienza descritta, spesso one shot, ma proprio di mettere a disposizione di chi legge una preciso resoconto dello svolgimento dei fatti. La peculiarità di questa nuova esperienza è stato proprio il fatto che il personale giudizio è stato: non è possibile giudicarlo secondo uno stesso metro di giudizio.
Come ho scritto nell’articolo, non ci è stata proposta alcuna carta dei vini, e ciò non vuol dire che non ci fosse, semplicemente il cameriere non ha ritenuto che fossimo interessati a scegliere un vino particolare.
Per quel che riguarda il giudizio personale sul vino, conosco bene il sapore di quello di proprietà e gli additivi che ho menzionato non sono altro che il classico (e legale) solfito di rame, il cui dosaggio non attento altera decisamente il sapore del nettare gustato, cosa che ad esempio rimprovero spesso al vino di produzione di mio padre.
Grazie AXA per le precisazioni. I vostri commenti con le vostre esperienze completano il nostro lavoro e migliorano il servizio.
Torna ancora a trovarci.
31 ott 2011 alle 03:58
Burrico pon pon stupendo eheheheh
31 ott 2011 alle 10:53
Non ci sono mai andato perchè il concept visivo delle pubblicità e il nome del locale mi faceva pensare piuttosto a roba fantasy e/o dungeons&dragons, quindi non mi sono mai neanche chiesto di che tipo di locale si trattasse in realtà.
In quella zona ci passo peraltro spessissimo, quindi voto — alle scelte grafiche!
31 ott 2011 alle 16:55
hai ragione caro Burz… direi scelta grafica che sconfina nel reato di burriccaggine